sabato 31 ottobre 2009

Turné

Ecco i principali appuntamenti che mi vedranno impegnato da qui alla primavera per incontrare clienti, spiegare il mio lavoro e vendere qualche bottiglia. Stay tuned per altre info o nuove date.
1-2 Novembre
 
Vini di vignaioli a Fornovo Taro. www.vinidivignaioli.com
12-15 Novembre 
Tour enologico a Sancerre e Puilly-sur-loire.
20-23 Novembre 
Gusto Nudo fiera dei vignaioli indipendenti a Berlino. www.gustonudo.com
4-6 Dicembre 
La terra trema al leoncavallo, Milano. www.laterratrema.org
15 Dicembre 
Wine not sound al Twinside, Bologna. www.gustonudo.net
30-31 Gennaio 
Vini Naturali a Roma, Hotel columbus a Roma. www.vininaturaliaroma.com
9 Febbraio 
Serata di degustazione presso il ristorante La Tana degli orsi, Pratovecchio (AR). 

domenica 25 ottobre 2009

Vini di vignaioli 2009


Domenica 1 e lunedì 2 novembre saremo, Giovanni ed io, alla fiera di vini naturali Vins de vignerons/vini di vignaioli. Presenteremo in anteprima la nuova annata de Gli Eremi, il 2007, e il nuovo Nur 2008. Gli orari di apertura al pubblico sono dalle 10 alle 20 la domenica e dalle 12 alle 19 il lunedì. L'ingresso costa 8 euro con bicchiere.

mercoledì 21 ottobre 2009

La vendemmia 2009

Un'altra vendemmia delicata, dopo la 2007 e la 2008, difficili, sebben per ragioni molto diverse.
Questo è quanto scrive il servizio metereologico della Regione Marche: "Con una temperatura media di 23,1°C, la stagione estiva appena trascorsa è stata più calda rispetto alla norma con un incremento di circa +1,5°C rispetto al periodo di riferimento 1961-2000, risultando così essere la quinta estate più calda dal 1961. Nella stessa classifica (estati più calde dal 1961 ad oggi), il primo posto è occupato dal 2003 (25,5°C di media!), il secondo dal 2007 (23,5°C), il quarto dal 2008 (23,1°C), a conferma di un preoccupante aumento della temperatura media estiva negli anni duemila. Il maggior contributo è stato dato dal bimestre luglio-agosto con una temperatura media di 24,2°C con il notevole incremento di +1,9°C rispetto al 1961-2000".
Il risultato, specie nei vigneti esposti a sud (San Michele) o con altitudini modeste (San Paolo), è stato un generalizzato calo delle acidità fisse. E' un grosso problema per chi fa vinificazioni naturali: in primo luogo perché questo fatto influisce sui pH dei mosti che è sempre un parametro fondamentale ma lo è ancor di più quando non si usano lieviti selezionati; in secondo luogo perché non correggendo i mosti con tartarico bisogna anticipare molto la vendemmia per poter incamerare un pò di acidità. Va inoltre ricordato che, oltre alle temperature medie, si sono riscontrate temperature massime molto elevate (41,3° a Jesi il 23 luglio, 41° il 2 agosto a Corinaldo) che incidono pesantemente sulla evoluzioni in particolare dei vitigni a bacca bianca. Ne ho già scritto e non voglio ripetermi.
Per ciò che concerne la piovosità, questo è il resoconto del servizio meteo: "Come non accadeva dal 2006, la stagione estiva è stata complessivamente più piovosa rispetto alla norma 1961-2000, con un totale di 207mm corrispondente ad un +14% rispetto ai 181mm del quarantennio. Tuttavia la distribuzione mensile fa emergere un quadro contrastante con il mese di giugno decisamente più piovoso, addirittura +86% (sempre rispetto al 1961-2000), più arido il bimestre successivo con deficit mensili di -19% (luglio) e -34% (agosto)". 
Da un lato, quindi, non c'è stato un grosso stress idrico per le viti grazie alle abbondanti piogge invernali, primaverili e di giugno; d'altro canto l'estrema siccità che ha investito la regione in luglio, agosto (e settembre) ha rafforzato gli effetti di stress sui grappoli e influito pesantemente sul crollo delle acidità e sugli andamenti delle maturazioni.
Annata tosta da interpretare, quindi. Con rese in calo per tutti. Certamente buona per i "convenzionali" e gli "interventisti": chi ha forzato le maturazioni sfruttando il caldo estivo che è durato fino al 15 ottobre avrà fatto pesante uso di acido tartarico ma si troverà vini potenti ed equilibrati (sebbene andrebbe aperto un dibattito sulle acidificazioni e sui loro effetti...). Per il Montepulciano vale un discorso a parte: chi ha ancora uva in pianta si è preso in pieno un calo termico forse eccessivo e molte piogge (ed altre sono in arrivo): problemi di muffe non dovrebbero essercene, fenomeni di appassimento forse sì perché le viti si sono completamente fermate.
Venendo a La Distesa: ancora le fermentazioni non sono del tutto esaurite, ma il Terre Silvate appare per ora un pò sottile e magro ma con profumi molto freschi e netti. Gli Eremi promette molto bene, specialmente la botte con la vendemmia più anticipata. Essendo una annata calda vedo bene il Nocenzio, specie sul lato Sangiovese, davvero complesso già ora. Non so se produrrò il Nur. C'è una parte di Trebbiano che abbiamo macerato ma aspetto di vedere l'effetto che fa.
Allo stadio attuale non credo si possa dire di più.

mercoledì 14 ottobre 2009

Caos

Neve sui Sibillini e freddo porco a Cupra. Vendemmiata oggi anche l'uva da appassire per il solera 99. Al Cityper di Jesi (gruppo Auchan) ho visto alcuni prezzi (per bottiglie vetro 0,75 l.):
Montepulciano d'Abruzzo DOC 1 euro
Verdicchio DOC 1,25 euro
Sicilia IGT Nero d'Avola 1,10 euro
Castel del Monte DOC 1,60 euro
Castelli Romani DOC 1,10 euro 
Basito, ho poi comprato una bottiglia di Carmenere cileno a 2,50 euro, giusto per vedere l'effetto che fa. Naso pure decente, beverino al punto giusto, tannino levigato. Peccato che poi ho salivato tutta notte assetato come una bestia. 
In compenso per il compleanno di Valeria abbiamo stappato un metodo classico Haderburg pas dosé 2004, e stiamo ancora godendo ora, che se non ci fossero 5 ore di macchina da fare sarei fuori dalla cantina a grattare sulla porta per farmene dare un cartone (da 12, s'intende...). 
Trovo allucinante che il governo premi chi ha esportato illegalmente capitali all'estero. Alcuni hanno detto che anche in altri paesi è stato fatto lo scudo fiscale: peccato che i capitali che rientravano in quei paesi pagavano da un minimo del 10 fino ad un massimo del 50% di imposte. Da noi l'aliquota è del 5%. Cioé funziona così: trucco la contabilità dell'azienda, tanto per il falso in bilancio non mi fan nulla, evado le tasse, poi esporto i capitali in qualche banca che mi fa rendere più del 5%, poi li riporto a casa che ci ho guadagnato... In Corea del Sud c'è la pena di morte per chi esporta illegalmente dei capitali fuori dal paese... 
D'altronde siamo una nazione dove se stai fuggendo da un paese in guerra ma entri clandestinamente compi un reato, però se un fascista picchia un gay perché i gay gli stan sulle balle, non c'è nessuna aggravante per discriminazione. Ah, a proposito, la Binetti sta ancora nel PD...

giovedì 8 ottobre 2009

Vendemmia, prezzi delle uve e il ruolo del marketing

La vendemmia 2009 si caratterizzerà per un fatto sopra tutti: il crollo delle quotazioni delle uve. Questo fatto certifica in modo inequivocabile la gravissima crisi del settore vinicolo. Questo post su Esalazioni etiliche, ed alcuni commenti a questo post di Franco Ziliani possono aiutare a capire la situazione. Prezzi in calo anche del 50%. Situazione che in realtà conosco da tempo perché denunciatami da diversi amici produttori e confermata, sebbene in modo meno drammatico, anche nei Castelli di Jesi.
La crisi, dapprima nascosta, poi presentata come crisi di crescita, oggi apparentemente devastante, è contemporaneamente una crisi di sovraproduzione (rispetto a consumi interni in calo e ad un export in crisi) ed il risultato di una potente bolla speculativa nel settore.
Negli anni del boom il settore ha attirato capitali e capitani d'industria, grandi competenze e professionalità ma anche nani e ballerine, cani e porci. Evito di entrare nello specifico e di raccontare come il mondo del vino si è evoluto negli anni, nel bene e nel male. E' ormai risaputo.
Ciò che, però, è meno risaputo è il ruolo del marketing in questa situazione, in questo contesto, in questa storia. Questo aspetto mi ha visto discutere animatamente su vinoalvino con una serie di suoi commentatori più o meno abituali. C'è una idea diffusa, infatti, che costoro apparentemente sostengono, che reputa che dalla crisi si debba uscire con una maggiore attenzione al marketing, ai processi commerciali, alla immagine ed alla promozione dei prodotti. Lo ha detto chiaramente Diego Planeta: si deve investire meno sulla produzione e più sulla vendita. 
E' una idea che contesto. Credo che questa impostazione, infatti, c'entri molto con la crisi attuale, sia nel senso che in questi anni si è fatto del cattivo o sbagliato marketing sia che se ne è fatto troppo in generale, a discapito della qualità media dei nostri vini.
Va ricordato che il marketing, che come disciplina autonoma nasce negli anni 50/60 sulla scorta del consumo di massa, si afferma in modo definitivo quando le condizioni strutturali dell’economia iniziano a caratterizzarsi per un costante surplus di capacità produttiva. Questo non accade per caso ma è la combinazione da una parte della evoluzione del capitalismo in senso consumistico, dall’altra di precise scelte di politica economica. 
Perlomeno dai primi anni ottanta siamo vissuti in un mainstream economico che ha fatto della “economia dell’offerta” il suo caposaldo. Dunque: bassa inflazione, politica monetaria espansiva in grado di produrre la liquidità necessaria a produrre sempre di più, liberalizzazione dei mercati, ecc. Siamo vissuti in un mondo in cui non era importante tanto il potere di acquisto – i salari ma non solo – delle famiglie, quanto la capacità del sistema di assorbire il debito con cui venivano finanziati consumi sempre più inutili, prodotti sempre meno innovativi. Ma perché, ci si chiederà, la gente ha continuato a consumare? Qui è intervenuto anche il marketing.
L’economia dell’offerta ed il neoliberismo reputano che i prezzi dipendano esclusivamente dall’equilibrio fra domanda ed offerta. In un contesto di eccesso di capacità produttiva ciò implica un ovvio aumento di competitività dei mercati ed un generale deprezzamento dei valori: servivano pertanto politiche di sostegno dei consumi privati. Ma poiché i salari negli ultimi tre decenni sono indubbiamente scesi in termini reali, questo poteva avvenire solo tramite il ricorso all’indebitamento (mutui, credito al consumo, erosione progressiva dei tassi di risparmio, ecc.) e tramite investimenti nella “percezione di valore” da parte dei consumatori.  Non nel valore intrinseco. Non nel valore-lavoro. Non in qualità. Bensì in immagine, in comunicazione, in politica commerciale.
Il marketing, però, è oggi un processo pro-attivo, assolutamente non neutrale, che intende non solo mettersi in relazione col mercato, ma tende anche e sempre più ad agire attivamente su di esso.  Fare attività di marketing non significa solo fare un’analisi del mercato e della propria identità commerciale su quel contesto, ma significa molto di più: ovvero agire per influenzare il mercato, modificarlo, piegarlo ai propri interessi con l’obiettivo prioritario di raggiungere una maggiore competitività; significa, quindi, non solo soddisfare dei bisogni esistenti ma agire per produrli, riprodurli, forgiarli; significa sempre più mettere in atto una serie di strategie ben precise - che si sono fatte, appunto disciplina, specifico settore della scienza economica - (pricing, brand management, comunicazione, pubblicità, creazione ad arte di bolle, ecc.). E se tutto questo è vero, ciò significa semplicemente una cosa: che le aziende devono investire ingenti risorse per attuare queste strategie. In un contesto di riduzione dei costi e di grande competizione ciò è possibile solo distogliendo tali risorse da altre voci di bilancio: per esempio i costi vivi produzione o gli investimenti in ricerca.
Tutto ciò è perfettamente coerente con quanto accaduto nel settore del vino e, da questo punto di vista, il caso della perversa “bolla del vino” creata ad arte negli anni novanta dall’interazione fra guide-giornalisti-esperti di pubbliche relazioni-nuove aziende rampanti dal marketing aggressivo, potrebbe essere un caso-studio per un corso di marketing moderno.
Gran parte della crisi del vino deriva, quindi, anche dal percorso contrario che è stato intrapreso sull'onda dell'entusiasmo: produrre vini a partire dal mercato e non produrre vini veri e buoni per poi concorrere sul mercato con la forza indiscutibile della propria qualità. I prezzi delle uve stanno crollando e questo si rifletterà certamente più sugli agricoltori che sugli industriali. Esattamente come dalle fabbriche verrà espulsa forza lavoro per tentare un riequilibrio della capacità produttiva, così la volontà è quella di espellere dalle campagne gli ultimi contadini e le piccolissime aziende, con conseguenti espianti dei vigneti meno meccanizzabili, produttivi, commercialmente interessanti. Nel frattempo i massicci investimenti sulla promozione dei grandi produttori, grazie alle risorse liberate dall'abbassamento dei costi di produzione, serviranno per aggredire i "nuovi mercati emergenti": gente che di vino ne capisce, Cina, India, Russia, ecc. E' questa la strada per il futuro del vino italiano?  
La crisi generale dell'economia, che non è solo crisi finanziaria come molti vogliono far credere, non ammette soluzioni semplicistiche e banali. Non ammette l’assunzione di facili ricette date per scontate. Richiede coraggio, invece, nell’ammettere di aver sbagliato strada, di essersi spinti troppo oltre. Vale per il settore finanziario e vale per il settore vinicolo. La riflessione sul marketing, in questo senso, dovrebbe rientrare in una riflessione più generale sulla nostra economia e sulla nostra società.