mercoledì 25 novembre 2009

Il cielo sopra Berlino

Impossibile conoscere una città in due giorni. Possibile respirare una atmosfera, inseguire un'idea. Ordine e creatività. Servizi pubblici ed efficienza. Effervescenza culturale e capitalismo spinto. Centri sociali anarchici e wine bar ultra-fighetti. Lungo la linea che un tempo separava un est ed un ovest metafisici prima che politici sopravvivono contraddizioni vere ed altre solo apparenti. Frutto della grande Storia, passata di qui ad ampie falcate, nel bene e nel male, fino a diventare concreta e fisica espressione della follia ideologica novecentesca. Storia non ancora fuggita da un agglomerato urbano che da vent'anni tenta di ritrovare una identità grazie a giovani, artisti, gay, architetti visionari, immigrati, registi, musicisti elettronici, loosers e winners di varie estrazioni sociali. 
Impossibile conoscere una città in due giorni. Possibilissimo annotare l'angosciante differenza con le nostre città. Vecchie. Morte. Chiuse in una dimensione piccolo-borghese che le sta trasformando in buchi neri in grado di attrarre solo il peggio, culturale, sociale, economico.
E' così che mi sono trovato a camminare per le strade della capitale tedesca con Achtung Baby nelle cuffie, disco nato dall'intuizione geniale di Bono&Brian Eno, che videro fin da subito in Berlino la nuova capitale d'Europa... Disco ancora oggi di una modernità sconcertante... E' così che mi sono trovato a cercare nel cielo grigio sopra Berlino i ricordi di ventidue anni fa quando, adolescenti in gita scolastica, si attraversava il Check Point Charlie per entrare in quello che apparve, a noi figli di papà del ricco occidente, come una desolante terra di nessuno. Due anni dopo la corsa verso la libertà travolse quel muro così denso di significati. Che poi la libertà fosse lì, davvero a portata di mano, questa è tutta un'altra storia.

martedì 17 novembre 2009

Olive e nebbie

Di ritorno da un tour de force niente male fra i grandi vini bianchi della Loira, di cui scriverò a breve. Venerdì sarò in partenza per Berlino dove mi attenderanno una giornata di degustazioni sabato 21 novembre alla Kesselhaus nella Kulturbrauerei (Prenzlauerbergcdalle 15.00 alle 21.00 - Schonnhauser Alle) ed una presentazione dei vini nella vineria Al Contadino sotto le Stelle in Auguststraße 34 nella giornata di domenica 22. Intanto ecco le prime nebbie della stagione che rallentano un pò la raccolta delle olive. Dopo il super raccolto dell'anno scorso è un'altra buona annata, con una quantità buona e olive che si presentano piuttosto sane. A buon intenditor...




sabato 7 novembre 2009

Temporali e rivoluzioni

Questo post necessita di una premessa: il disco di cui sto per parlare lo ha inciso mio fratello. E’ normale, quindi, che io non sia in grado di poter dare un giudizio distaccato. Se ne scrivo, però, non è per nepotismo (non sono in grado, infatti, di fargli vendere più dischi) ma semplicemente perché è un bel disco. Cosa rara, di questi tempi.
Non è un disco “facile”, questo Temporali e rivoluzioni. Fin dal titolo. E’ un disco complesso, fatto più di parole che di note. Cantautorale, si sarebbe detto trent’anni fa. Un disco che cresce costantemente con gli ascolti. Ossessivamente. Progressivamente.
E’ un disco che parla dei nostri tempi. Che racconta di smarrimenti, di perdite, di sconfitte, di emergenze, di precarietà, di crisi, di resistenze. Individuali e sociali. Particolari e globali. Personali e collettive.
Questa è già una prima grandezza del disco: una intimità che si veste di sensibilità più generali e, in qualche modo, condivise. Chi non si è mai chiesto, nel pieno della tempesta, se il temporale passerà? O se i cambiamenti che investono le nostre vite sono rivoluzioni o sono solo modi diversi di nominare le stesse cose?
Sono domande che si ripetono, in forme diverse, lungo tutto il disco. Quanto è difficile uscire dalle campane di vetro in cui ci vogliono e ci vogliamo chiusi? Quanto è difficile scegliere di tagliare la siepe che ci separa dal mondo? (Ed a vent’anni esatti dalla caduta del muro la siepe di Inno nazionale del mio isolato non può non rimandare al muro di Roger Waters). E che succede se ti sporgi oltre la siepe e trovi solo catene e gioie fragili?
Nel percorso del disco ci sono alcuni momenti fondamentali. Catene e gioie fragili è uno di questi: hai lasciato la tua casa, cammini in un bosco scuro e c’è una luce fioca, e lasci briciole di pane per non smarrire la strada. Ma quella luce sembra quella che hai appena lasciato. Giriamo in tondo, in un labirinto. Non c’è via di uscita. Siamo in scacco. Siamo in trappola. E ci chiediamo se la verità sia ancora possibile, proprio quella verità che crediamo non faccia mai male.
E' il tempo di esplorare ogni delusione, scegliere con cura come uscirne. Chiudi l'emergenza nello specchio e l'indifferenza nel tuo cuore. Lucida le cose che non tieni più con te (Chiudi l'emergenza nello specchio)
Intanto cadono le luci sulle nostre ali (angeli che ricordano Wim Wenders?). Col tempo si spengono. Si chiude l’orizzonte, precipita con te (Non fa mai male la verità). E non scordarti di precipitare e di atterrare come sempre, che tutto il senso in fondo, in fondo lo ritrovi lì (Tenerti stretto un ricordo). 
Un altro momento centrale del disco pare La tua casa è piena. Dove la descrizione di una quotidianità intima, personale e disperata dipinge al contempo la situazione di una intera generazione, alle prese con case piene di cose inutili, abbandonata a se stessa senza più tempo, voce, voglia per ribellarsi. Alla decadenza, alla disgregazione, al fraintendimento. Fino a non ritrovarsi e in fondo in fondo non sperarlo più. Fino alla disillusione, che è cifra distintiva di questo nostro tempo instabile e che non ci mette molto a diventare cinismo, indifferenza.
Partenze e coincidenze è il piccolo capolavoro che racchiude tutti questi temi e queste sensazioni nella “canzone perfetta”. Che è poi quell’approdo misterioso dove testo e musica si fondono perfettamente in una forma d’arte che è quella della musica popolare.

E quel gusto di sconfitta svanirà
quando penserai ad una partenza
e quel senso di tepore se ne va
quando credi sia un successo
e invece è solo coincidenza.

Partire per tornare al punto di partenza. Guardare il mondo scomparire in mezzo al temporale. Mentre è solo il caso a guidare gli eventi. Partenze e coincidenze. Temporali e rivoluzioni. Sirene e vampiri. Dicotomie. Perché ogni cosa ha il suo doppio. E per ogni persona che viene ce n’è una che ci lascia. Ed è così che Tutto resta uguale mentre

ogni giorno il tuo vicino
succhia il sangue al suo nemico
e vive la mediocrità
come una onesta condizione.

Ogni rivoluzione appare lontanissima. E vien voglia davvero di appendere i fucili. Per non violare il coprifuoco dentro una società immobile, ferma, eppure precaria. Dentro rapporti personali in stallo, sfilacciati, consumati dalla quotidianità.
E se ricominciassimo dalle cose semplici? E se imparassimo a non ripetere gli errori? E se riuscissimo a perderci davvero ed a perdere del tempo?
Le cose semplici chiude un disco meraviglioso, ed è il tassello mancante, la chiave di volta. Perché lento è il ritorno a casa. Ma la casa, stavolta, sa essere piena davvero. Di cose troppo spesso dimenticate. Valori. Convizioni. Affetti. Qualche sogno, forse. Speranze taciute. Che forse risolvono, per un attimo appena, il caos rumorista, i rumori bianchi, le distorsioni di un mondo senza bussola. Prima del silenzio.
Ci ho messo molto tempo a entrare dentro questo disco (anche se è uscito ufficialmente il 6 novembre lo ascolto da molto tempo). Ma una volta dentro è difficile uscirne. Sono dieci canzoni bellissime, pennellate, legate una all’altra da sottili legami che creano un percorso affascinante, un panorama spesso desolato, dai toni chiaroscurali.
Gli arrangiamenti sono curatissimi e molto più “rock” di quello che può apparire al primo ascolto. Le chitarre, che suonano da paura, i cori, l’hammond, l’elettronica, il pianoforte, sono sempre funzionali al testo ed alla voce. I riferimenti non sono così importanti, si intuiscono sullo sfondo di una produzione (Giovanni Ferrario) di approccio inglese, che strizza l’occhio agli anni sessanta ma ha i piedi ben saldi nel terzo millennio. Non sono importanti, quei riferimenti, perché Giuliano ha trovato definitivamente il suo stile, la sua voce, il suo approdo. Ed un posto fra i migliori nuovi cantautori italiani.
Per info sul tour e per acquistare il disco visitate il sito: www.viaaudio.it/giulianodottori/index.htm