mercoledì 26 agosto 2009

Il caldo e l'impossibilità di fare grandi vini bianchi.

Dai primi di luglio ad oggi, cioè per circa 50 giorni consecutivi, abbiamo avuto una sola pioggia, un temporale estivo che ha scaricato qualche millimetro d'acqua. Per il resto solo giornate di sole, calde, caldissime, con temperature medie diurne stabilmente sopra i 30° e spesso sopra i 35°, con punte assolute fra i 38 ed i 40°. 
La siccità non è un problema, nel senso che abbiamo avuto un inverno ed una primavera molto piovosi: le riserve, in profondità, ci sono. I vigneti stanno rispondendo bene dal punto di vista agronomico. Ci sono ingiallimenti e, dove c'è più creta, qualche sofferenza, ma nulla di paragonabile al 2003 o al 2007. Il problema è che con temperature così elevate per molti giorni consecutivi, con una così prolungata esposizione dei grappoli al sole ed al caldo, con l'esposizione a sud dei miei vigneti, queste stagioni rendono pressoché impossibile produrre dei grandi vini bianchi, così come li intendo io: acidi, verticali, dal profilo aromatico nitido e fresco, con una bella dose di acido malico residuo.
E' un problema che ho già trattato (per esempio in questo post qui) e che mi sta molto a cuore poiché mette in discussione l'intero paradigma agronomico che si è cristallizzato in questi anni nell'area dei Castelli di Jesi: esposizione ed altitudine dei vigneti, densità di impianto, tipo di conduzione, rese per ettaro, stili di vinificazione. L'idea stessa, cioé, del tipo di vino che si vuole andare a produrre. Basti pensare che negli anni '50 e '60 la zona produceva grosse quantità di spumanti e le migliori basi-spumante venivano anche esportate fuori zona; oppure che, secondo i dati dell'Università di Ancona presentati al Convegno per il 40° anniversario della DOC, in quarant'anni si è passati da acidità totali medie sul Verdicchio superiori al 7% a valori medi sotto al 6%.
Questa noiosa introduzione per dire che i primi campionamenti sul Verdicchio nel vigneto San Michele danno valori di pH e acidità davvero inquietanti per fine agosto, più consoni ad un periodo come fine settembre. A questo bisogna aggiungere uno squilibrato rapporto fra polpa e buccia/vinaccioli ed una maturazione zuccherina che dipende più da processi di appassimento che da un reale lavoro della pianta. Tutto ciò rende molto complicate le scelte vendemmiali, soprattutto per quei produttori, come il sottoscritto, che per scelta non ricorrono a correzioni dei mosti. 
Una bella pioggia non guasterebbe, anche se la sensazione è che il danno, ormai, sia fatto. Ciò non significa che non si potranno avere vini dal grande carattere ma semplicemente che si dovrà lavorare, come nel 2007 e, in parte, nel 2008, per puntare su un profilo più evolutivo/ossidativo dei vini, su struttura e morbidezza, sul bilanciamento fra sapidità ed alcool. Con buona pace di chi ama i Riesling renani.   

sabato 22 agosto 2009

Degustazioni d'agosto

Capita, con chi viene a trovarci d'estate, in quella sorta di Comunità Rurale Internazionale in cui si trasforma La Distesa grazie ad ospiti stranieri, famiglie, bimbi, amici e amici di amici, di stappare qualche bottiglia. 
Ad esempio la classica bolla di Ferrari, linea base da supermercato. Si parte un pò sospettosi, un pò per il numero di bottiglie prodotte un pò perché noi piccoli vignaioli siamo schifosamente prevenuti nei confronti delle grandi industrie del vino. E si arriva ad ammettere che si tratta di un metodo classico molto buono, dal prezzo eccezionale, e dalla beva facile, molto meglio di tanti Franciacorta.
Decisamente un gran vino è la Cuvée Obermairl di Haderburg 2006, vino biodinamico da vitigni bianchi coltivati in Val d'Isarco, macerati sulle bucce. Il carattere bucciato è appena accennato, il vino ha un colore dorato bellissimo; al naso è pulito, dominato da sentori di frutta fresca come l'albicocca e la mela, in bocca è lunghissimo, sapido, nervoso, giovane ed irruente. 
Una fantastica beva contraddistingue il Montepulciano d'Abruzzo Cerasuolo 2008 di Emidio Pepe, altro vino biodinamico. Naso vinoso, gioviale. Beva comunarda, fresca, contagiosa per un vino abbinabile pressoché ad ogni pietanza. Sempre di Emidio Pepe, di cui ricordo una verticale clamorosa in quel di Roma a Gennaio, il Montepulciano d'Abruzzo 2000 si presenta con la riduzione che è ad un tempo classica del produttore, del vitigno e del metodo di vinificazione. Sentori sulfurei ed animaleschi si aprono dopo un pò verso una complessità aromatica fatta di frutta rossa molto matura, selvaggina, pietra focaia, cenere, goudron. In bocca è verticale, ancora fresco, con tannini davvero piacevolissimi, morbidi e setosi. Un vino con ancora una lunga, lunga strada innanzi. 
Chiudo con un grande Sangiovese, dedicato a tutti coloro che non credono nelle virtù di questo gran vitigno. Il Chianti dei Colli Senesi Riserva 2000 Terra d'Arcoiris. Sostanzialmente un vino da meditazione, coi suoi 14,5 gradi di alcool, frutto di un lavoro in vigna condotto secondo i dettami biologici estremi dell'amico Walter Loetsch. Uvaggio di Sangiovese, Canaiolo e Malvasia nera, si presenta con un colore rosso rubino con note granate, un naso stupendo di amarena, anzi visciola, leggermente spiritata. In bocca è concentrato ma bevibilissimo, ancora perfettamente dritto, con tannini ben presenti ma fini, insistenti richiami gusto-olfattivi al tabacco, al cuoio, alla marmellata di ciliegie. Un gran piacere, a fine serata, quando il caldo molla e la frescura classica delle notti agostane di Cupramontana allieta i discorsi, le battute, le discussioni aporetiche di un rilassato fine cena.   
  

sabato 15 agosto 2009

Il Mediterraneo com'era una volta

Da qualche anno è lo slogan scelto dalla Croazia per il proprio marketing turistico. Bello, non c'è che dire. Vero? Forse non in pieno agosto quando masse di turisti ormai da tutta Europa hanno come meta le coste e le isole croate. Eppure un fondo di verità c'è. Il mare croato, quell'Adriatico che sul nostro lato marchigiano è tutt'altra cosa, è veramente in Dalmazia ancora un ambiente selvaggio e da scoprire, paradiso per velisti e appassionati di barche ma anche per famiglie e vacanzieri di ogni sorta. Poche grandi strutture alberghiere o villaggi e, invece, migliaia di appartamenti privati, piccole pensioni e bed&breakfast famigliari. Una offerta che non manca di nulla ma resta ad un livello sopportabile a chi non ama le grandi masse. Una natura ancora quasi incontaminata. Una varietà di paesaggi e un susseguirsi di cale, spiagge, isole, isolette, rocce e strapiombi da far innamorare chiunque. Una enogastronomia molto interessante. Una generale sensazione di tranquillità e rilassatezza, tipicamente mediterranee. Tutto questo rende la Dalmazia, e le coste croate più in generale, davvero una meta sempre più conosciuta ed apprezzata. 
Dopo Dugi Otok, Isola Lunga, che ci aveva molto affascinato tre anni fa, stavolta siamo stati a Korčula - Curzola una settimana, giusto il tempo di rifiatare e farsi qualche bella nuotata. Più turistica eppure davvero bella anch'essa, col suo mare ed  suoi vigneti. Nella penisola di Pelješac - Sabbioncello e a Korcula, poi, ho visto il futuro della enologia europea. Vigneti abbarbicati su montagne bianche di calcare assolato, ancestrali, con fittezze altissime e condotte ad alberello o, come in Grecia, striscianti sulla pietra, vitigni autoctoni che si specchiano nel mare, profumi e sapori salmastri, minerali, sassosi. Il Posip, il Grk, il Rukatac a Korcula sono vitigni bianchi di assoluto valore,e,  così come il rinomato vitigno rosso Plavac Mali a Peljiesac (da alcuni geneticamente simile allo Zinfandel californiano e, dunque, al Primitivo pugliese), sono un patrimonio su cui lavorare e da cui partire per fare vini affascinanti, diversi, non omologati. Come quella Malvasia Istriana che, qualche centinaio di chilometri più a nord, oramai è in grado di dare vini bianchi fra i migliori d'Europa. Speriamo che qualche enologo-stregone dalle nostre cantine non arrivi a rovinare tutto quanto.
Intanto oggi è il 40° anniversario di Woodstock. Non dico nulla, se non di acquistare il DVD da poco uscito con lo storico documentario nella versione "director's cut". Imperdibile per gli amanti della musica rock.

sabato 1 agosto 2009

La bella estate

Quel pomeriggio salimmo a San Grato, sul dorso della collina dietro il paese, dove il padre, che dall'ora della siesta era sui beni, ci accolse. I suoi contadini stavano spruzzando di solfato i filari; s'aggiravano sotto la canicola curvi, con bluse e calzoni induriti e inzaccherati d'azzurro, pompando dallo zaino di ferro l'acqua cilestrina. Ci fermammo sopra la grande tinozza, piena d'acqua innocente, fonda e opaca, come un occhio celeste, come un cielo capovolto. Io dissi al padre ch'era strano dover piovere sui grappoli quella rugiada velenosa: i cappellacci che i contadini portavano eran tutti mangiati. "Una volta", gli dissi "facevano l'uva senza tanti bagni." "Và a sapere" disse lui, e gridò qualcosa a un ragazzo che posava una bottiglia nell'erba "và a sapere come facevano una volta. Adesso è pieno di malattie." Guardò il cielo, dubbioso. "Purché non venga il temporale" brontolò. "Lava la vigna e bisogna ripassare il solfato." (Cesare Pavese - La bella estate).
Dopo piogge e temporali ed umidità è stato un luglio di sole e di caldo. Un caldo bello, per lo più asciutto. Il solito gran lavoro, nei vigneti ed in agriturismo. Concludiamo l'annata dei trattamenti con circa 3 Kg. di rame ad ettaro che per l'andamento stagionale è un mezzo miracolo. Anche la stagione turistica sta andando: c'è un calo ma non possiamo affatto lamentarci, di questi tempi.
Ho già ripetutamente parlato del San Severino Blues Festival. Sono andato ad un altro concerto: Matt Schofield è un giovane talento del blues inglese. Un pò Robben Ford, un pò Johnny Lang, ha sparato un gran bel concerto nella cornice sempre splendida del Giardino San Michele a Treia. Per la prima volta, invece, sono stato al Fanojazzbythesea, altro festival estivo delle Marche. Anche qui splendido ambiente, la corte malatestiana di Fano, ed altro bel concerto: Enrico Rava quintet. Pubblico un pò freddino, per la verità. E fredda è apparsa la band a Valeria. A me la serata è piaciuta, e specialmente ho gradito il pianista, Giovanni Guidi, giovane e talentuoso, ed il trombonista Gianluca Petrella. Sebbene non ci fosse quel trasporto emotivo che contraddistingue un certo jazz dal vivo. 
Sto ascoltando il disco di Paolo Nutini, Sunny side up. E' talmente retrò da suonare piacevole, talmente "anni sessanta" da risultare moderno. La voce è intrigante ed i suoni centratissimi. 
Ho bevuto il Bandol rosé Chateau St. Anne 2007. Veramente un vino estivo, aspro, salmastro, pulito. Profumi di agrumi che rincorrono erbe selvatiche ed accenni di acciuga, sono i vini che mi piace bere freddi, sotto il sole cocente, con i piedi nudi a calpestare l'erba. 
Allora buona estate a tutti...