venerdì 27 dicembre 2013

La grande bellezza

Alla fine sono riuscito a vedere La grande bellezza di Sorrentino. Me ne avevano parlato benissimo e malissimo. Ho letto commenti e recensioni, un po' intimidito dai paragoni con Fellini ed Antonioni.
Avevo amato Le conseguenze dell'amore e ammirato Il divo, e persino parlato bene di This must be the place (più che altro per il mio malato rapporto con Sean Penn). Per dire che da scarsissimo frequentatore dei lidi cinematografici quale sono le aspettative erano alte.
Dunque, eccoci.
Parte e il film e vengo tramortito da un inizio devastante. Pessimo. Tra i peggiori che io ricordi. Mia mamma se ne va dopo dieci minuti, Valeria resiste quindici. Io insisto.
Arriva il Sorrentino più visionario, Servillo fa il suo mestiere, sebbene cominci a essere sempre troppo uguale a se stesso, arrivano pure dieci/venti minuti di grande cinema, tra dialoghi centrati e sequenze splendide. Ma il film è lungo e lento, ed io amo i film lenti, ma è lungo e lento nel senso che mi disturba proprio perché la sceneggiatura è inesistente e quando c'è è assolutamente non credibile - a volte addirittura irritante. L'artista nuda che va a cocciare la testa è una scena grottesca, ma di un grottesco non poetico, le comparsate della Ardant e di Venditti c'entrano come il cavolo a merenda, alcuni dialoghi sono patetici, così come l'arresto del mafioso o la giraffa del mago. Pure la "santa" è un espediente narrativo debolissimo. E ci si potrebbe limitare a questo. Ad una specie di racconto/romanzo di Ammaniti, e ho detto tutto.
Ma no, c'è di più.
La grande bellezza è un film reazionario. Dove l'arte per l'arte diventa artificio per scusare un reale che sembra apparentemente criticare ma che in realtà giustifica. 
Una certa Italia è così. Muore e agonizza nel vuoto, ma in fin dei conti a salvarci viene la grande bellezza: Roma. L'Italia paese d'o Sole. Che è come dire "italiani brava gente" oppure "gli italiani alla fine cadono sempre in piedi, grazie alla creatività e alla bellezza del loro paese". Cazzate, ovviamente. Che qui a forza di rappresentare la merda nella merda ci sprofondiamo sempre più senza neanche sentirne nemmeno l'odore.
Forse vent'anni fa mi sarebbe piaciuto il cinismo del personaggio. O la decadenza putrescente di una trama che non c'è. 
Oggi no. Oggi non c'è più tempo. Oggi sento bisogno di qualche forma di ribellione e non di film che tentano di imitare un modo grande di fare cinema italiano solo per blandire gli americani e portare a casa un Oscar.
E sì, la fotografia è come sempre fantastica. Ma allora potevi fare il fotografo. E sì, il barocco di Roma è stupendo. Ma allora potevo guardare un documentario della bbc.   

sabato 16 novembre 2013

Bibenda e Gambero Rosso

Molti clienti/wine lovers hanno notato dopo molti anni l'assenza dei miei vini dalle pagine delle guide Duemilavini di Bibenda e Vini d'Italia di GamberoRosso. Bene, nessun mistero: quest'anno non ho fornito campioni a queste guide. La ragione è legata alla politica editoriale che mi è sembrata emergere negli ultimi tempi in queste due importanti testate. Riporto due link, in modo da essere il più chiari possibile:

http://www.intravino.com/grande-notizia/cercare-di-vivere-senza-leditoriale-di-eleonora-guerini-sul-gambero-rosso-e-riuscirci/

http://www.bibenda.it/bibenda7/singolo-articolo.php?id=1002&pagina=1&limite_inizio=10&vis_com=1

Ho sempre pensato fosse giusto sottoporre i propri prodotti ad un esame critico ed accettare ogni tipo di giudizio senza dare troppo peso ai risultati, sia buoni che cattivi, delle degustazioni. In fondo si tratta di un grande gioco - divertente per alcuni, un po' noioso ed autoreferenziale per altri - che ha avuto, negli anni passati, il solo grande torto di costruire un immaginario del vino di qualità e del gusto fortemente distorto. Ma era un immaginario dal fiato corto e lo si sta vedendo.
Quello che non sono accettabili sono la mancanza di rispetto e la disonestà intellettuale, entrambe ben presenti negli articoli di Bibenda e GamberoRosso. Molto spesso nlle polemiche che hanno invaso il web durante il 2013 le risposte, le pseudo-ritrattazioni, le rettifiche, le scuse non richieste sono state quasi peggiori delle iniziali proposizioni. A dimostrazione che in realtà si voleva lanciare un messaggio chiaro ed inequivocabile: attenzione, gli unici detentori del "vero gusto" siamo noi. Noi certifichiamo la "qualità". Noi e solo noi garantiamo il "buono". E magari anche il pulito ed il giusto. Purché non si disturbi il manovratore, però.
Ecco la grande mistificazione. Va bene il bio. Va bene la sostenibilità. Va bene anche il naturale. Ma deve essere come diciamo noi.
Che sarebbe come dire a Francis Bacon che la sua estetica produce quadri troppo angoscianti.

lunedì 14 ottobre 2013

La vendemmia 2013

Oggi che abbiamo sostanzialmente finito la raccolta posso condividere qualche impressione sulla vendemmia 2013. Annata molto molto diversa dalle ultime due. Acqua a catinella in inverno e primavera. Estate regolare, senza fenomeni di caldo estremo e con piovosità nella norma. Notti per lo più fresche, se non fredde. Bel settembre.
Siamo riusciti a limitare la peronospera - pressione altissima in maggio e primi di giugno - e a evitare i danni di un paio di grandinate a luglio.
Le prime sensazioni, considerando le uve e i mosti, le dinamiche fermentative e i valori di acidità, pH e zuccheri riscontrati fra il 10 settembre, giorno in cui abbiamo cominciato il Verdicchio e il 14 ottobre, giorno in cui abbiamo finito il Montepulciano, comunicano una grande soddisfazione.
Equilibrio è la parola chiave. Maturazioni molto equilibrate, forse con un gradito sbilanciamento verso l'acidità ma in un contesto di grande finezza sia degli aromi che dei tannini.
Quel che sarà dei vini lo vedremo fra qualche mese. Ma posso già dire che è una delle più belle vendemmie che io ricordi. Anche perché nel 2011 avevo una brutta bronchite e stavo sotto antibiotici, nel 2012 ero reduce da una artrite reattiva e pieno di cortisone: Quest'anno invece me la sono proprio goduta. Fa parte anche tutto ciò dell'essere artigiani!
   

venerdì 27 settembre 2013

Il potere del vino

Siamo tutti quarantenni. Certo, ognuno poi ha i suoi problemi. Sarà il vino, sarà la campagna, ma  ho come l'impressione di passarmela un po' meglio di questi due. Se non altro esteticamente.


lunedì 12 agosto 2013

Quello che non ci dicono

Sono stato un europeista euro-scettico fin dall'inizio.
Ho seguito dai banchi dell'università la fase finale della costruzione della moneta unica, da Maastricht fino all'entrata nella zona Euro. E Lavoravo in banca nelle giornate in cui venne fissato il tasso di cambio Euro/Lira, sotto il Governo Prodi. Ero nei miei vent'anni.
Già allora, però, il segno monetarista e neo-mercantilista di quegli accordi mi pareva inequivocabile, così come mi appariva strettissimo il sentiero che l'Italia aveva da compiere per restare nei parametri imposti da quegli accordi europei.
Con i "se" ed i "ma" la Storia non si può fare. Nessuno può avere la certezza di come sarebbe andata senza quei governi Berlusconi che nel primo decennio del duemila hanno deragliato dal percorso, giusto o sbagliato che fosse, di convergenza e risanamento che aveva in Carlo Azeglio Ciampi la sua guida.
La sensazione è che ormai sia tardi. La convergenza dell'area Euro - che era la condizione per la sopravvivenza dell'Euro - è ormai devastata dalla politica della Germania. A settembre, in caso di una vittoria di Angela Merkel, il percorso subirà un ulteriore tracollo.
In questo ottimo paper si possono ritrovare molti dei ragionamenti che gli economisti mainstream non fanno: http://memmt.info/site/wp-content/uploads/2012/08/bilancia-dei-pagamenti-italiana.pdf

Il punto fondamentale è che l'austerità e la politica di svalutazione interna richieste dalla Troika ai paesi "periferici" stanno uccidendo questi paesi sulla base di una premessa sostanzialmente errata: cioé che i problemi di sostenibilità dell'Euro siano i debiti pubblici e i deficits. In realtà gli squilibri stanno nelle bilance dei pagamenti dell'Eurozona: si assiste ad un vero e proprio flusso di capitali dai paesi periferici alla Germania in virtù dell'enorme avanzo commerciale tedesco legato alla rigidità del cambio da un lato  e alla impossibilità di una politica monetaria autonoma dei singoli paesi (tale da consentire una monetizzazione del debito) da parte dei paesi "in crisi" (che oramai - visto dove sta andando l'Olanda - stanno divenendo tutti i paesi europei salvo la Germania!)
Ecco alcune lucide considerazioni del paper, che nasce all'interno della riflessione teorica della Modern Money Theory:

"L’attenzione dei policymaker europei, in questi mesi, è stata però tutta rivolta ai debiti pubblici dei Paesi meridionali, noti anche con l’acronimo di PIIGS (Portogallo-Italia-Irlanda-Grecia-Spagna).
Le politiche condotte in Italia e negli altri Paesi mediterranei sono state tutte improntate all’austerità, alla riduzione forzata dei disavanzi pubblici mediante il ricorso a tagli alla spesa pubblica.
Tuttavia, è necessario riconoscere che se il vero problema dei Paesi europei fosse il rapporto debito/PIL, e se fosse davvero questo l’elemento considerato rilevante dai mercati finanziari, non si comprenderebbe perché Paesi come Gran Bretagna e Germania, il cui rapporto debito/PIL sfiora l’80% ed è quindi ben superiore al 68,5% spagnolo, non siano stati messi sotto attacco da parte degli investitori internazionali. È chiaro, quindi, che i veri problemi dell’Eurozona siano principalmente due: innanzitutto, gli squilibri strutturali delle bilance dei pagamenti, analizzate in precedenza, e in secondo luogo l’avversione delle strutture politiche europee a far sì che la BCE possa monetizzare i debiti sovrani dei Paesi membri, affinché essi possano reagire adeguatamente agli squilibri esistenti nei tassi di cambio reali all’interno dell’Eurozona. Senza politiche di riassestamento dei tassi di cambio reali dentro l’Eurozona, l’unione monetaria non ha alcuna speranza di continuare ad esistere".

"La linea politica seguita dall’establishment europeo è però quanto di più lontano si possa immaginare da simili interventi. Con riferimento all’Italia, l’introduzione del vincolo di pareggio di bilancio in Costituzione e la ratifica del Fiscal Compact, lo spazio di manovra del settore pubblico è totalmente neutralizzato.
Il trattato, infatti, impone un rigidissimo vincolo ai disavanzi dei Paesi membri, limitandone forzatamente l’entità allo 0,5% del PIL, e richiede il raggiungimento di un obiettivo che avrà senza ombra di dubbio natura recessiva, ovvero la convergenza nel tempo verso un rapporto debito/PIL del 60%. Il provvedimento, perciò, non centra minimamente l’origine delle divergenze esistenti fra i Paesi dell’Eurozona, ovvero gli squilibri della bilancia dei pagamenti dell’Eurozona, non opportunamente coperti da una Banca Centrale sovrana. Essa sarebbe in grado di monetizzare i disavanzi pubblici dei Paesi membri, ed operare al fine di stabilizzare i tassi d’interesse dei titoli di Stato dei Paesi in difficoltà. Questa linea politica perciò neutralizza anche le uniche possibilità di soluzione, che devono passare necessariamente per il settore pubblico".

"Le politiche implementate in questi mesi dai governi dei Paesi europei, fra cui quello italiano, sono
state tutte improntate alla progettazione di riforme del mercato del lavoro volte a ridurre i salari per aumentare la competitività delle esportazioni. Anche ove fosse possibile recuperare in tal modo un gap di competitività quasi insanabile con le economie dell’Europa centrale, ad esempio quella tedesca, questa linea soffre di una grave fallacia di composizione: pensare di applicare con successo una politica di deflazione competitiva di stampo tedesco a tutti i Paesi dell’Eurozona è errato, poiché non si tiene conto delle caratteristiche della struttura produttiva dei singoli Paesi. Come sostiene infatti Sergio Cesaratto in un articolo per Sbilanciamoci.info, “una banca centrale volta al controllo dei salari e il coinvolgimento dei sindacati nel modello mercantilista conducono a disciplina sociale e moderazione salariale necessari a conservare i vantaggi competitivi”: ed è su questo modello, adottato in primis dalla Bundesbank, che è stata progettata la Banca Centrale Europea. Inoltre, è pressoché impossibile che ogni Paese membro dell’Eurozona possa usufruire di surplus commerciali, ed è perciò controproducente sperare che ogni Paese adotti simili politiche di tipo neomercantilista".

"L’utilizzo intelligente della spesa pubblica è, alla luce della congiuntura in cui versa l’Eurozona,
l’unico possibile fattore di ripresa dell’economia interna, e l’unico modo per evitare una catastrofe
altrimenti certa. Le strade percorribili sono diverse, sia che si parli di ritorno alle monete nazionali,
con la possibilità di gestire autonomamente la politica fiscale e la politica monetaria (che sono ora rigidamente separate, nell’assetto istituzionale europeo), sia nel caso di un New Deal europeo, che passi necessariamente per un radicale abbattimento delle politiche deflazionistiche e recessive sinora praticate dalla Banca Centrale. In entrambi i casi, tutto ciò passa necessariamente per la pianificazione di disavanzi “buoni”, come ci ricordano la Modern Money Theory ed il Circuitismo: un sostegno sia al lato della domanda che a quello dell’offerta che si traduce nell’orientamento alla piena occupazione, alla costituzione di stock di risorse utili e produttive".

"In fondo, per parafrasare uno dei mantra più ricorrenti nei media europei (capovolgendolo), si può
perciò affermare che non esiste crescita per mezzo del rigore, e che con il rigore non vi è alcuna
possibilità di crescita".

Quello che la pseudo-sinistra europea non capisce, perché fondamentalmente non è più "sinistra" in senso storico, è che la costruzione europea ha sbagliato totalmente strada. L'Euro sta devastando il modello sociale europeo. Precariato, disoccupazione giovanile, squilibri finanziari, nuovi nazionalismi. Forse è giunto il momento di dire basta.

PS Come il mainstream economico MontiStyle racconta balle: ieri titoli a nove colonne "Lo spread ai minimi, risale la fiducia nell'Italia". Lo spread è effettivamente sceso negli ultimi tempi ma anche perché i tassi tedeschi sono risaliti a causa dell'instabilità relativa alle prossime elezioni e ad una economia tedesca che per qualcuno sta iniziando a frenare...

lunedì 22 luglio 2013

Springsteen&I

Esce oggi nelle sale di tutto il mondo Springsteen&I, un documentario prodotto da Riddley Scott che parla dei fans di Bruce Springsteen. Da quel che ho sentito in giro per la rete il film prova a spiegare ciò che non è spiegabile. Per esempio cosa porti due quarantenni padri di famiglia a prendere un aereo per Cork, cittadina semisconosciuta dell'Irlanda, per vedere il Boss per la ennesima volta (29? 30? ho perso il conto...) festeggiando i venticinque anni dal loro primo concerto.
Che sembra stupido, ma non lo è affatto.
Ha a che fare col salvarsi la vita, quando sei adolescente e non sai veramente chi sei e cosa vuoi. Ha a che fare col sentirsi parte di una comunità, quando invece il mondo parla altri linguaggi. Ha a che fare con la voglia di riscatto e di autenticità, in un mondo sempre più falso e preconfezionato.
Retorica? In qualche modo certamente sì.
Ma anche epica. Il racconto springsteeniano ha in sé la potenza della grande epica, quella che prende la vita e la rimodella per dargli un senso che vada oltre la realtà quotidiana.
Questa cifra "epica" è ciò che si respira in ogni concerto di Springsteen, che si sia nel piccolo teatro dove le canzoni vengono scarnificate e suonate acustiche, o nel grande stadio dove le canzoni si trasformano in momento di festa e di baldoria collettiva, o nel piccolo stadio irlandese dimenticato dal signore dove si possono vedere a occhio nudo gli effetti della crisi economica globale.
Sta qui l'unicità di Bruce. Che non sapeva suonare la chitarra come Hendrix, non sapeva cantare come Elvis, non sapeva scrivere come Dylan, ma ha preso i suoi talenti e li ha mischiati e frullati e intagliati in modo da costruire il più straordinario monumento della storia del rock'n'roll. Ma che, soprattutto, se ne va in giro per il mondo da più di quarant'anni come un aedo, come un menestrello, come un messaggero a diffondere l'epica del rock.
E allora capita che sei sotto al palco a ragionare di quel disco 2 di "The River" che hai letteralmente consumato e pensi che ci sono un sacco di canzoni che vengono suonate raramente. E poi c'è un ragazzo, Derek, che gira da tempo per tutta l'Europa con un cartello con su scritto "The price you pay". E succede che Bruce lo guarda, va in transenna e prende quel cartello. Risale sul palco e suona per la prima volta in Europa dal 1981 quella che è - per me - una delle sue più incredibili canzoni e soprattutto uno dei suoi testi più belli.
La magia si compie. Ed un'altra volta ancora ne è valsa la pena.

You make up your mind, you choose the chance you take
You ride to where the highway ends and the desert breaks
Out on to an open road you ride until the day
You learn to sleep at night with the price you pay

Now with their hands held high, they reached out for the open skies
And in one last breath they built the roads they’d ride to their death
Driving on through the night, unable to break away
From the restless pull of the price you pay

Oh, the price you pay, oh, the price you pay
Now you can’t walk away from the price you pay

Now they’d come so far and they’d waited so long
Just to end up caught in a dream where everything goes wrong
Where the dark of night holds back the light of day
And you’ve gotta stand and fight for the price you pay

Oh, the price you pay, oh, the price you pay
Now you can’t walk away from the price you pay

Little girl down on the strand
With that pretty little baby in your hands
Do you remember the story of the promised land
How he crossed the desert sands
And could not enter the chosen land
On the banks of the river he stayed
To face the price you pay

So let the games start, you better run you little wild heart
You can run through all the nights and all the days
But just across the county line, a stranger passing through put up a sign
That counts the men fallen away to the price you pay,
and girl before the end of the day,
I’m gonna tear it down and throw it away 

lunedì 15 luglio 2013

Trova l'intruso

Alcune recensioni del Castelli di Jesi Verdicchio Riserva Classico DOCG Gli Eremi 2010.

"...è una delle migliori versioni: ampiezza fruttata e lievi note boisé e di anice lo rendono accattivante e profondo. In bocca è dinamico, succoso e teso; polposo e suadente al centro del palato, salino e lungo in chiusura".
Slowine - Slowfood 

"The savouriness and minerality of Verdicchio, but much more brooding and certainly not sweet. Fantastic tactile impact on the palate with acidity built like bricks. Very linear and direct and not polished at all. Very young".  17/20, Drink 2013-2018
Walter Speller

"Abbigliato di una veste oro lucente. In prima battuta sensazioni di kumquat, mango e ananas, seguite da profumi di camomilla e refoli di pietra focaia. In bocca ostenta corpo e notevole freschezza, sfumando sapido e decisamente minerale. Durevole persistenza..." Quattro grappoli
Duemilavini - Bibenda 

"...Discorso diverso per Gli Eremi '10 dove l'acescenza ne omologa il tratto confondendo il varietale andando oltre il confine che noi riteniamo difetto"
Gambero Rosso

"Olfatto di personalità e complessità fuori dal comune, i profumi di erbe disegnano un ventaglio aromatico di rara purezza; bocca sfumata e ricca di dettagli, la profonda energia sapida è dissimulata da una succosità aggraziata, dal finale lungo". 18/20
L'Espresso 


lunedì 8 luglio 2013

Stagione controcorrente

Un inizio di luglio così fresco non lo ricordavo da tempo. Sarà che è ancora vivo il ricordo di due annate come la 2011 e, soprattutto, la 2012 caratterizzate da ondate di caldo africano e scarsità di pioggia, ma questa estate sembra davvero una classica estate cuprense. Brezze piacevoli di giorno con temperature sotto i 30° e maglioncino alla sera come dovrebbe essere la norma in collina. Vedremo come andranno la fine di luglio ed il mese di agosto. Ma alcuni dati del centro meteo regionale sulla primavera e sui mesi di maggio e giugno sono indicativi di una stagione decisamente controcorrente rispetto agli ultimi anni.

In particolare per ciò che riguarda maggio:
"Le sovrabbondanti precipitazioni sono corrisposte ad un incremento dei giorni piovosi[3] che, a livello regionale, hanno fatto registrare una media di 16 giorni, con un incremento del 114%, il secondo valore più alto dal 1961 (preceduto dai 17 giorni di maggio 1980). Piogge che si sono andate a cumulare a quelle già cospicue di questa prima parte dell'anno: nel periodo gennaio-maggio 2013 infatti, la precipitazione totale è stata di 464mm, che supera del 46% la norma del quarantennio, con un numero di giorni pioggia pari a 57 giorni, +47% rispetto al 1961-2000 (secondo valore più alto dal 1961, preceduto solo dal 1978). La stagione primaverile (marzo-maggio) si è conclusa invece, con un totale di 284mm, +42% l'anomalia, la quinta più piovosa dal 1961."

Meteo ASSAM Regione Marche - precipitazioni mese gennaio-maggio 2013


Mentre per ciò che riguarda giugno così si esprime l'ASSAM:
"Ne sono successe di cose a giugno. Cercheremo di descriverle, provando ad essere chiari e non troppo tediosi.
Partiamo dal dato della temperatura media regionale: 20°C[3] che poco si discosta dalla media 1961-2000[4], appena di +0,4°C, ma che nasconde un rilevante significato. Quello del 2013 infatti è stato il più freddo giugno da 18 anni a questa parte; bisogna risalire al 1995 per trovare un mese "peggiore", quando la temperatura mensile si scostò di -1,2°C dalla media. Quella differenza di mezzo grado circa nasconde anche un andamento spiccatamente dinamico, con la prima e la terza decade del mese più fredde rispetto alla media (-0,8°C e -1,5°C le anomalie), contrapposte alla seconda decade decisamente più calda, +4,3°C rispetto alla media, frutto di una ondata di calore piuttosto intensa per nostra fortuna non così duratura come quelle del 2012. Il periodo di freddo invece, della durata massima di circa 8-10 giorni va cercato tra la fine di maggio e la prima parte di giugno, anche se molte delle temperature diurne più basse si sono verificate nel freddo di fine mese:
Notizie molto interessanti anche sul fronte delle precipitazioni, con un totale medio regionale di 87mm, superiore di 19mm alla media 1961-2000. Dal 2000, in giugno, solo in 3 anni la precipitazione si è mantenuta al di sopra della media: 2009, 2010 e nel 2013. E' continuato quindi a piovere, più della norma, come testimoniano i 551mm caduti da inizio anno (primo semestre 2013), con un surplus di +165mm rispetto al 1961-2000, terzo valore più alto per il periodo gennaio-giugno dal 1961. Ad oggi abbiamo raggiunto il 66% del totale di pioggia annua che di norma cade sulla nostra regione. Ancora più sensazionale è il totale degli ultimi dodici mesi, da luglio 2012 a giugno 2013, pari a ben 1111mm, con un incremento di +274mm, record per lo stesso periodo dal 1961; tra l’altro la quantità si è distribuita lungo 107 giorni di pioggia[5], fatto molto rilevante considerato che di mezzo c'è stata l'estate più arida dell'ultimo cinquantennio.

Dunque, ricapitolando: moltissima pioggia che ha ri-equilibrato i terreni dopo la siccità dello scorso anno e clima fresco/freddo che ha frenato fioritura e allegagione. La combinazione di queste caratteristiche ha portato a
- un'altissima pressione della peronospera ma anche una bellissima spinta vegetativa dei vigneti con pareti fogliari che non vedevo da tempo.
- un probabile "ritardo" nella maturazione, perlomeno rispetto alle ultime due annate. Dipende da come andranno i prossimi due mesi ma mi sento di escludere vendemmie agostane come negli ultimi due anni. Il che non è un male.

mercoledì 3 luglio 2013

Musica Distesa 2013: modalità OFF

Riflessioni postfestival. Grazie a te Max Demian from Recanati.

Il 16 febbraio Corrado scrive una mail che dice più o meno questo
"Ho deciso, a fine giugno scateniamo la 5° e ultima edizione di Musica Distesa e poi ovviamente muoriamo in piscina. chi ci sta?". Suo fratello da milano risponde disilluso "ho paura", la sua compagna di vita manda soltanto due parole, private e dolcissime. Il sottoscritto (tirato dentro senza motivo apparente) scrive "Questa è una giusta battaglia contro l'ignavia che impera, orsù dunque, armiamoci e partite..".
Siamo a metà febbraio, passano due mesi e nessuno produce più una riga sull'argomento, siamo lontani e in fondo ci conosciamo poco, magari è stata una boutade - pensa chi scrive. E invece a metà aprile i fratelli Dottori (che sono autentici folli, come può essere folle uno che lascia una vita agiata per fare il contadino o quell'altro che di mestiere fa il cantautore intimista) se ne escono con la storia del crowdfundig.
L'idea che qualcuno regali quattrini per un misconosciuto festival nella campagna marchigiana sembra improponibile (di questi tempi poi) e i primi giorni c'è già chi pensa di mollare il colpo. Ma la verità è che gli appassionati ci credono e piano piano si fanno vedere, le quote aumentano fino a sfondare il budget previsto (3500 sudatissimi euro) due giorni prima della scadenza del progetto in rete. 100 ragazze e ragazzi, che a volte non conosciamo minimamente, finanziano un evento culturale, scelgono di non restare immobili a guardare e dicono "facciamolo".
E'la prima volta che accade in questo paese (almeno per quanto ne sappiamo) che un evento di 3 giorni si faccia senza l'aiuto di un'amministrazione comunale, o di un imprenditore locale, o chissà chi altro. Pagare prima per avere dopo, sulla fiducia, senza paura. C'è qualcosa di altamente umano in tutto questo, energia pura per chi ha tutto in testa ma niente in mano. E' la svolta.
Le band ci sono, lo staff pure, spunta un cartellone credibile e variegato, l'obbligo morale verso i 100 raisers tira fuori il meglio. La Distesa è in ballo, la voce gira, le Marche hanno un festival nuovo, una rassegna di musica (band tra le migliori in Italia oggi, sfido chiunque a dire il contrario) cultura e cibi spirituali, come recitano i flyer di Stra. C'è l'artwork, arriva il nuovo logo, le t-shirt con la Distesa stilizzata, Casamedusa fornisce un impianto della madonna (e quell'X32 spettacolare), il CSA Sisma ci mette la cucina, Riccardo la perizia dell'enologo, Giovanni Gaggia gli arazzi e la sua arte, i campeggiatori le tende, Nicolas rompe i coglioni ma quello è un gatto adorabile e gli si perdona tutto.
Alla vigilia del festival (è un giovedì) c'è Italia Spagna. La guardiamo sul pc perché Corrado non possiede una tv, Bonucci sbaglia il rigore decisivo e una bottiglia di grappa fatta in casa mette tutti ko (non distesi, stroncati), il meteo dice pioggia su pioggia. E venerdì piove, governo ladro, e Gio finisce fuori strada sfasciando il pick-up con l'adesivo del Green Leaves appiccicato lì da chissà quale altro proprietario, e fa freddo, la gente scarseggia e non si sa che fare.
Ma (lo dice il corvo, non lo dico io) non può piovere per sempre e il giorno dopo, e quello dopo ancora, arriva il sole e tante belle e nuove facce, variegate e splendide nel loro incedere cuoriose. Più di 600 pasti forniti, 250 litri di birra e non si sa quanti di verdicchio, più di 25 tende accampate in giardino, gli ostelli di Cupramontana con le camere occupate dai "distesi".
Il Festival finalmente nasce, o rinasce. E tutto quello che è stato lo potete capire da soli guardando questa immagine qui sotto.
Una cosa troppo bella, un abbraccio al mondo. Un tuffo nel vuoto si, ma in costume da bagno...
La Musica si è distesa, e noi con lei.


Ringraziamenti:
Le band (Atterraggio Alieno Rhò C+c=Maxigross Blue Willa Persian Pelican Lava Lava Love Honeybird & the Birdies), Claudia Ciccarelli e il bellissimo Circolo Revers di Sarnano, Angelica Bellabarba e Nermina Delic, Paolo Perego e Francesco Campanozzi di Casamedusa, i ragazzi del CSA Sisma di Macerata, Michele STRA Marchetti, Nicolò Zaganelli e Artevox per l'aiuto e "Time to pretend" (è stato il segnale, lui sa perché), la sfasata che pensava fossimo satanisti ("sul programma c'è scritto cibi spirituali, non potete mica rubare le ostie sapete?"). Grazie a Maddalena e Giacomo per l'ospitalità, alle ragazze del bar (Giulia Angela Giorgia Arianna Irene), i piccoli Jack Giulia Lapo Zeno e la loro splendida nonna, il bimbo Spiderman e pure Gea che si è persa e ritrovata. Tania di Musicraiser e tutte le persone che fanno girare la ruota (come ha scritto qualcuno di recente). Grazie ai perfomer, ai ragazzi del reading Vogliamo Tutto, ad Andrea Tantucci del Maiale Volante, ai dj di Bloody Sound Fucktory e a Fanta (ribattezzato fantabasta), e agli amici di sempre che hanno fatto la strada per non perdersi la festa. Un enorme grazie a te ignoto ragazzo sui vent'anni che hai lasciato 2 euro al banchetto perché te lo sentivi, perché (parole sue) voleva contribuire pure lui. Siete stati tutti fantastici, anche e soprattutto quelli che ho dimenticato di ringraziare. 

Grazie infine a Valeria Corrado e Giuliano, per chi scrive queste righe siete stati la parte più bella. 
Max



giovedì 20 giugno 2013

mercoledì 12 giugno 2013

lunedì 27 maggio 2013

terroirMarche


Comunicato Stampa

È nato il primo Maggio tra colline pettinate dalle vigne in fiore, si chiama terroirMarche e ha le idee molto chiare su cosa farà da grande. È un Consorzio, costituito da vignaioli marchigiani, che si propone di valorizzare e promuovere la viticoltura biologica delle Marche, la difesa del territorio e dei beni comuni, la diffusione di culture e pratiche per un’economia sostenibile e solidale.
Hanno dato vita a terroirMarche le aziende: Aurora di Offida, Fiorano di Cossignano, La Distesa e La Marca di San Michele di Cupramontana, Pievalta di Maiolati Spontini. Un gruppo di vignaioli che unisce simbolicamente le vigne del Piceno e quelle di Jesi, impegnati da anni nella produzione di vini che abbiano un legame assoluto con il proprio territorio di origine.
Ma prima di tutto il Consorzio terroirMarche è un gruppo di uomini e donne che, oltre alla pratica rigorosa di una viticoltura biologica, hanno in comune un approccio etico all’attività agricola, che pone al centro l’uomo e la natura, elementi sostanziali del concetto di terroir.
Condividono l’idea che la costruzione di un mondo migliore passa necessariamente per un’agricoltura migliore, fondata sulla conservazione dell’integrità del suolo nella convinzione che sia un dovere restituire ai figli una terra in condizioni migliori di quelle in cui la si è trovata.
Al suo interno il rapporto fra i soci è regolato da uno spirito collaborativo e solidale, nella certezza che la ricchezza delle relazioni umane sia presupposto necessario per dare valore a un territorio. Allo stesso modo il rapporto con i consumatori sarà basato su una comunicazione trasparente delle pratiche agricole adottate.
La scelta di festeggiare il primo Maggio con la costituzione di terroirMarche non è casuale, è anzi un richiamo all’importanza del lavoro della terra, per anni considerato un lavoro umiliante.
Il contadino è il primo responsabile della nostra alimentazione e un pilastro della salvaguardia del paesaggio ambientale, vero patrimonio negletto dell’Italia.
Il Consorzio è totalmente autofinanziato. Il presidente eletto nella prima assemblea che si è tenuta tra le colline di Offida è Federico Pignati. La famiglia di terroirMarche è aperta a ogni vignaiolo marchigiano che produca vino in regime di agricoltura biologica e che si riconosca con i principi etici che ispirano il lavoro dei soci fondatori.


Per contatti e informazioni:
info@terroirmarche.com

mercoledì 8 maggio 2013

Undici annate de Gli Eremi



Dopo qualche mese di decantazione, eccomi a parlare di una bellissima giornata di ottobre, passata a degustare tutte le annate prodotte del mio vino simbolo: la riserva Gli Eremi. Erano presenti molti giornalisti e blogger del settore, da Vittorio Manganelli a Carlo Macchi, da Alessandro Morichetti a Francesca Ciancio, da Riccardo Vendrame a Maurizio Silvestri e Gianni Fabrizio.
Per me è stato molto emozionante ripercorrere le stagioni che hanno contraddistinto vendemmie differenti ed un lungo percorso evolutivo professionale. Ma la cosa migliore è ricordare la degustazione attraverso le parole di un ottimo giornalista straniero che di vino italiano è grande conoscitore: Walter Speller.

"Corrado Dottori is one of the main protagonists in the cru debate surrounding fine Verdicchio. He gave up a job in Milan to return to Cupramontana to take over the 3 ha of vines his grandfather left him, one, more than 30 years old, in San Michele and two in San Paolo. Not entirely a bianchista, Dottori also produces a red wine made from Montepulciano, Sangiovese and Cabernet Sauvignon. But it is clear that Verdicchio is his baby, and the one that gets the most attention is the Gli Eremi single-vineyard bottling. 

The Dottori famliy is very much part of the historic fabric of Cupramontana. Right in the middle of this hill town on the main street is the family's home, an impressive, charmingly chaotic patrician house which, from the outside, hides the fact that the wines were once made in cellars hewn out of the tufo rock underneath the house. Dottori is active in the local government of Cupramontana and as part of this role is one of the instigators of vineyard research, which focuses on soil, exposition and altitude, and which resulted in the first map of Cupramontana. It should eventually open the way to a vineyard classification. 

Dottori's own 'cru', the Gli Eremi, is made without any concession to commerce and divides opinions. Dottori tends his vineyards strictly organically while applying biodynamic elements, notably the famous cow-horn preparation. To Dottori, organic viticulture is just a tool which allows the vineyard to produce grapes without any distortion - to express itself as directly as possible. Dottori also wants the resulting wine to express the vintage without any fine-tuning. For the Gli Eremi, this means a brief maceration on the skins for about 10% of the grapes for four days, and fermentation triggered by indigenous yeast, which are given a head start by a pied de cuve he adds to the tanks. After fermentation, the wine stays for 6 months on the lees in oak, followed by 6 months in stainless steel for a natural stabilisation, and 6 months in bottle before release. The Gli Eremi is rock-solid Verdicchio, and a formidable cru, but with an embarrassingly modest price tag. 

La Distesa, Gli Eremi 2010 Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico 17 Drink 2013-2018 

The savouriness and minerality of Verdicchio, but much more brooding and certainly not sweet. Fantastic tactile impact on the palate with acidity built like bricks. Very linear and direct and not polished at all. Very young. (WS) 13.5%

La Distesa, Gli Eremi 2009 Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico 16.5 Drink 2011-2016
More closed than 2010 and a touch sweeter. More generous and direct on the palate. Crisp acidity and great concentration of ripe fruit. Bitter almond finish. Great length and tension and quite straightforward. (WS) 

La Distesa, Gli Eremi 2008 Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico 17.5 Drink 2012-2020
Hazelnut and real depth, and with the first signs of age. Savoury, the fruit is still hiding. Almost salty minerality. Bitter grapefruit. Lots of substance, and structure. well built and will last for quite a while. Very long. Begs for food. (WS) 

La Distesa, Gli Eremi 2007 Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico 15.5 Drink 2009-2015 

Very hot and very difficult year and with little acidity. According to Dottori, the elevated levels of volatile acidity saved the wine, as it gives an impression of freshness. Quite sweet and honeyed. Baking spice, sweet brioche and fruit cake. Very round and sweet and extracted and with spiking acidity. A little uneven and hot on the finish. RS is 7 g/l. (WS) 

La Distesa, Gli Eremi 2006 Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico 16.5 Drink 2009-2017
A very cool year with plenty of rain, but an explosion of heat at the beginning of September, which led to a rash accumulation of sugars. Dottori had to break off his holiday to start harvesting in order to prevent overripe grapes. Very spicy, with brooding sweet fruit. Rich, sweet and ripe and a little rustic but with great grip. The alcohol seems a little biting. (WS) 14.5%

La Distesa, Gli Eremi 2005 Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico 16.5 Drink 2008-2018
 
The vintage was a very cold one with lots of rain, which caused a little bit of botrytis on the ripest grapes. Complex and elegant, but with a peppery prickle. Quite understated on the nose. Fine, ripe mandarin impression on the palate followed by a bitter almond finish. Restrained generosity. (WS) 

La Distesa, Gli Eremi 2004 Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico 17.5 Drink 2008-2020
2004 is considered a classic year in the Marche. Harvest, in mid October, was quite late and the grapes showed high acidity. There was also the occurrence of a little botrytis, as a result of what Dottori calls a classic Cupramontana climate with rains and cool periods. 2004 is the first vintage he used indigenous yeast. Intense sunflower yellow, almost like a sweet wine. Dark, sweet nose with hazelnut and wax. An energetic charge of fierce acidity. Very lively and tactile. Hints of browning apple and waxy notes but it is a complex whole. Electrifying finish. Tongue-grabbing action. (WS)
14%

La Distesa, Gli Eremi 2003 Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico 15.5 Drink 2006-2015
 
The only wine Dottori acidified with tartaric acid due to the hot year. Compact and savoury nose not giving much away. Merest hint of camomile. Creamy notes and high acidity on the palate, which dies away quickly. Finish is a bit numb and much less complex than I have come to expect. But certainly not a run-of-the-mill Verdicchio. (WS) 14%

La Distesa, Gli Eremi 2002 Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico 16 Drink 2004-2016
 
A vintage with lots of rain, botrytis and high acidity. The deep colour indicates the high level of botrytis, according to Dottori. Very deep yellow. Quite developed on the nose with hints of butterscotch ansd acacia honey, but not exuberant. Very honeyed on the palate and at the same time lots of austere acidity. A little phenolic too. Very long and with lots of freshness on the finish. (WS) 14%

La Distesa, Gli Eremi 2001 Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico 18 Drink 2006-2022
 
Considered a classic year characterised by heat spikes. The wine was fermented in stainless steel. Quite composed on the nose with a little camomile and orange peel. Squeezed sweet lemon and orange palate. Really vibrant and tactile. Impressive stuff. (WS) 14%

La Distesa, Gli Eremi 2000 Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico 16 Drink 2004-2016
 
Dottori’s first vintage and a very hot year. Savoury and a little earthy with hints of sage and minerals. Crushed lemon and orange palate. Great acidic impact and tension. The fruit doesn't last that long, but the tactile, lemony sensation does. Almost no signs of decay. Ends a little alcoholic. (WS) 

La Distesa, Spumante Metodo Classico 2004 Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico 16.5 Drink 2012-2018
 
Never released onto the market. The base wine was aged for one year in barrique. Disgorged in 2011(!). Deep, straw yellow. Mandarin, hazelnut and a hint of mushroom and baking spice. Very full on palate with lots of substance and literally bags of lemon and mandarin fruit underlined with brioche notes. Pretty lively mousse. Impressive for a first effort. (WS)" 



sabato 4 maggio 2013

Proviamoci!



Cari amici
dopo due anni di pausa abbiamo deciso di far ripartire il festival Musica Distesa. Il 28,29,30 giugno ci ritroveremo per ascoltare buona musica, bere del buon vino e provare a rinnovare gesti culturali indipendenti. Per fare questo abbiamo bisogno anche del vostro aiuto: abbiamo deciso di non ricorrere a sponsorizzazioni o contributi pubblici ma per far vivere il festival abbiamo iniziato una campagna di auto-finanziamento qui:https://www.musicraiser.com/projects/962-festival-musica-distesa-2013 Basta un login e una carta di credito e potrete scegliere fra molte diverse ricompense (libri, CD, magliette, ecc.)
Abbiamo un mese di tempo per raccogliere i fondi necessari al cachet degli artisti e alle spese di organizzazione (service audio, Siae, ecc.).
Grazie!

Dear friends
after a two year break we decided to restart the festival Musica Distesa. The 28,29,30 June, we will get to listen to good music, drink good wine and try to renew independent cultural ideas. To do this we need your help: we decided not to use any sponsorship or grants but to make the festival we began a campaign of crowfunding here: https://www.musicraiser.com/projects/962-festival-musica-distesa-2013  You login and with a credit card you can choose between many different rewards (books, CDs, T-shirts, etc.).
We have a month to raise the necessary funds for the cachet of the artists and the costs of organization (audio service, SIAE, etc..).
Thank you!

https://www.facebook.com/MusicaDistesa

domenica 21 aprile 2013

Il colpo di coda


La rappresentazione plastica e definitiva della mia generazione. Siamo nel 1992 e l'ala "migliorista" degli ex PCI sceglie l'anziano leader Napolitano, da sempre vicino alle posizioni cattoliche. Certamente molto di più rispetto al laicissimo e libertario Rodotà. Siamo nel 1992. L'epoca delle bombe e della fine della prima Repubblica. 
Sono passati vent'anni e non è cambiato nulla, non solo le idee - vecchie come allora - ma nemmeno i protagonisti. Poveri quei nuovi giovanotti del PD di oggi che si sono illusi di poter cambiare quel partito. Poveri i cinquestelle che non ne hanno imbroccata una, forse per paura di dover governare davvero. 
Poveri noi, ex giovani. Che hanno promosso liste civiche e movimenti; che hanno colorato piazze e lavorato per un futuro; che si sono incazzati e hanno preso legnate; che magari avevano anche ragione ma non se lo ricorda nessuno. 
Perché stupirsi? In fondo parliamo dello stesso partito che nel mezzo di un epocale cambio di mentalità e strutture di potere, nel drammatico susseguirsi degli eventi degli anni settanta, preferì l'abbraccio mortale con la Democrazia Cristiana. Di una cosa sola sono contento: di non averli mai votati. Nè il PCI, né il PDS, né i DS, né il PD. 
Alla fine c'aveva ragione mio padre, che non voleva morire democristiano. Alla fine della fiera, quando in questo paese davvero c'è una possibilità di cambiare le cose, vince sempre la conservazione cattolica.

sabato 16 marzo 2013

Non è il libro dell'enologo

Sono passati quasi cinque mesi oramai dall'uscita di "Non è il vino dell'enologo - Lessico di un vignaiolo che dissente". Sono stato parecchio in giro a raccontarlo, spesso nei luoghi della contro-cultura politica, enologica, culinaria. Altre presentazioni seguiranno, anche se il calendario subirà un fisiologico rallentamento dovuto al lavoro.
Sono stato colpito dalle reazioni che il libro ha suscitato. Non tanto dalla critica, sempre molto benevola, fin troppo; né tanto dalla grande visibilità o dal piccolo successo di vendita che il testo in questi pochi mesi ha riscontrato. Quello che davvero non mi aspettavo è stata la reazione dei lettori. 
In questi mesi ho ricevuto mails, telefonate, lettere scritte a mano, inviti un pò da ogni regione d'Italia. E in ognuna di questi contatti umani c'era una emozione vera, una sensibilità profonda, quasi una commozione sincera verso le pagine di questo libro. Come se davvero avessi toccato nervi scoperti e destini tempestosi. Come se veramente sia stata percepita l'irrevocabile urgenza nascosta in quei lemmi scritti un pò per caso e un pò per necessità.
Insomma, è stato bello. E vi abbraccio idealmente tutti.  

giovedì 28 febbraio 2013

Disastro costituente

Alla fine l'onda anomala è arrivata. L'Italia, paese abituato per cinquant'anni a flebili movimenti nelle dinamiche elettorali e poi per un ventennio ad una sterile contrapposizione fra due poli, si trova spazzata da una tempesta. E no, non è Mario Monti.
Seguivo con angoscia crescente ciò che si muoveva nel paese e ne ho scritto anche in questo blog. Per chi volesse ripassare:
http://ladistesa.blogspot.it/2011/12/la-sinistra-non-ce-piu.html
http://ladistesa.blogspot.it/2011/12/il-default-morale.html
http://ladistesa.blogspot.it/2012/12/cade-il-velo.html
Il sugo del discorso è chiaro: la sinistra riformista sceglie il neoliberismo e le politiche di austerità ne prosciugano totalmente il consenso, ne sconvolgono l'identità, ne minano la credibilità. E' una dinamica in atto da decenni ma che è stata accelerata dal devastante governo tecnico di Mario Monti e dal clamoroso errore di Napolitano di non andare ad elezioni un anno fa, certificando con questa mossa la totale subalternità al "ce lo chiede l'Europa, ce lo chiedono i mercati".
Ma il punto non è più questo.
Il punto è che le elezioni comunicano nella loro crudezza il fallimento completo della mia generazione politica. Quella, per intendersi, che ha cominciato a far politica dopo l'89, che ha vissuto la stagione di tangentopoli e l'affermarsi della prima Lega, che ha creduto nelle prime liste civiche, che ha intravisto un orizzonte nel movimento altermondialista di Seattle e di Genova, che ha rimesso al centro del dibattito il tema dei beni comuni e che ha percepito, in qualche modo riprendendo e rinnovando i temi dell'autonomia anni settanta, la crisi della rappresentanza, il grande bluff del capitalismo del terzo millennio, il capolinea di un intero modello di sviluppo.
Ora, la domanda è: dove siamo noi? Che fine abbiamo fatto, proprio nel momento della massima possibilità di affermazione delle nostre idee su crisi e precariato, su decrescita e nuova economia, su centralità di beni comuni e partecipazione?
Molti di noi non hanno votato. Alcuni hanno votato il giustizialismo politichese di Ingroia. Qualcuno ha votato l'inutile buona fede di Vendola. La stragrande maggioranza ha votato un movimento antropologicamente di destra come quello di Beppe Grillo.
Ecco dove siamo finiti. In un disastro della politica, totalmente risucchiati dal buco nero della crisi morale, sociale, economica italiana. Senza voce in capitolo. Esclusi. Relegati ad un precariato della rappresentanza, prima ancora che del lavoro.
Siamo ad una svolta decisiva per il nostro paese. O si fa la terza repubblica o si muore, verrebbe da dire.  Ma il problema è che gli attori di questo psicodramma sono il solito nano miliardario, sempre meno rilevante, un partito che non ci ha capito un cazzo di cosa sta succedendo, ed un comico che ha fatto un capolavoro di tattica politica ma che non si sa bene cosa voglia davvero fare.
Non è possibile capire il successo dei "5 stelle" senza parlare della crisi dei movimenti anti-capitalisti in questo paese.  Su questa linea è utile citare Wu Ming:

...il grillismo ha occupato con un discorso diversivo (contro la «Kasta» invece che contro le politiche liberiste, contro la disonestà degli amministratori anziché contro le basi strutturali di un sistema che mostra la corda in tutto l’occidente, per l’efficientismo «meritocratico» etc.) lo spazio che in altri paesi europei è occupato da movimenti nitidamente anti-austerity, quando non esplicitamente anticapitalistici...

...Non solo: la «cattura» grillina ha retroagito su una condizione di debolezza, marginalità e riflusso del movimento altermondialista (quello frettolosamente etichettato «no global»), che a partire dal 2002-2003 aveva subito tutti i possibili contraccolpi e «aftershock» della batosta genovese. Il M5S, appropriandosi di parte dei discorsi altermondialisti e proponendoli in un’altra chiave, ha dato il colpo di grazia a quell’ambito già sfiancato e deperito...

Di fatto Grillo, già a partire dal primo V-day (2007), fa quello che per molte, troppe ragioni, non hanno fatto - ma avrebbero potuto fare - altri movimenti: auto-organizzare una nuova proposta politica dal basso, saltando e, anzi, devastando, la forma-partito, residuo ideologico di un tempo totalmente differente (ciò che Alba e Cambiare si può hanno provato a fare è nato con un gigantesco ritardo e si è vista come è andata la vicenda Ingroia).
Proprio nel 2007, guarda caso, nasce il Partito Democratico, cioè uno dei problemi più seri nell'attuale panorama politico italiano. Un partito nato esattamente per fare l'opposto di ciò che servirebbe: la pace sociale fra ex-culture politiche, fra classi sociali, fra ricchi e poveri, fra capitale e lavoro, attraverso la prospettiva di un riformismo che si muove totalmente dentro alla prospettiva capitalistica... Fuori persino dal socialismo più tradizionale che, almeno, in altri paesi due cose semplici semplici contro l'austerità ed il neoliberismo è riuscito ancora a dirle.
Il problema esplode però ora. Perché se è vero che Grillo ha costruito gran parte del suo consenso (e dei suoi militanti) su temi cari ai movimenti di sinistra (democrazia diretta, reddito di cittadinanza, green economy, ecc.), è anche vero che la sua esplosione si è verificata cavalcando il claim populista "né di destra, né di sinistra" e inserendo nella propria proposta accenti evidentemente fascistoidi come quelli relativi al sindacalismo, agli immigrati, al lavoro.
Ora si naviga a vista.
Il disastro potrebbe anche essere costituente. Ma dovrebbe essere chiaro, ai protagonisti di questa stagione, che una volta sparita la Casta, una volta mandati tutti a casa, il capitalismo sarà ancora lì al suo posto, a creare debito, disoccupazione, insostenibilità ambientale, gigantesche e incontrollate ricchezze finanziarie. Perché alla fine la Casta siamo anche noi, con i nostri modelli di consumo, le nostre contraddizioni, le nostre debolezze, le nostre aspettative. E questo, ai ventenni che oggi votano Grillo, bisognerebbe spiegarglielo bene.    

giovedì 21 febbraio 2013

Stavolta NO

Stavolta me ne sto a casa. Oppure vado a correre. Non andrò al mare, come suggerì Craxi, ma solo perché fa un freddo boia.
Passata l'epoca Berlusconi - perché sì! Davvero credo che sia oramai passata, e quello che vediamo è solo un fantasma che si aggira per l'Europa - sono libero dal ricatto ventennale ordito dalla paradossale sinistra italiana.
Libero. E dunque non voterò per la bassa operazione politichese di Ingroia né per l'ingenuo entrismo di Vendola né, tantomeno, per lo smacchia-giaguaro emiliano. Il quale, poraccio, si troverà dentro a un casino micidiale da qui a poco tempo. E con lui noi italiani.
Come dicono gli amici Wu Ming - "Non c’è dubbio che nell’Italia di oggi il discorso egemone, anche tra persone che si pensano e dichiarano di sinistra, sia quello di destra. Che attecchisce facilmente, perché è più semplicistico e consolatorio, e asseconda la spinta a pensare con le viscere. Per questo molte persone con un background di sinistra si precipiteranno a frotte alle urne per votare un movimento che non abbiamo remore a definire fondamentalmente di destra, cioè il grillismo. D’altronde, la colpa di questo è delle sinistre, che fanno di tutto per risultare invotabili".
Buon voto a tutti!

PS Trovo molto interessante il notevole rinnovamento che avverrà nel prossimo Parlamento. Credo che ne vedremo delle belle, nel bene e nel male.

domenica 3 febbraio 2013

Confusione

Avete presente quando i pezzi di un puzzle proprio non ne vogliono sapere di assumere una forma coerente? Quando fra tutte le teorie ed i modelli matematici possibili la sola a prevalere è la teoria del caos con i suoi infiniti e psichedelici frattali?
Ecco quella è la mia vita oggi. Trascinata dalle correnti. Con il tempo che corre veloce, vu vu vum, effetto velocità... Tra imbottigliamenti e potature, fiere e mercati, giunte e riunioni, varicelle e compleanni, presentazioni e cene, degustazioni e compiti a casa, assessori ed etichette, raffreddori ed analisi, recensioni e barbatelle. Tutto frullato e mischiato. Agitato non mescolato. Con il consueto seguito di sensi di colpa vari: cattivo marito, padre assente, azienda trascurata, libro inutile e politica che tanto non cambia mai. Come se tutti i salti mortali fossero del tutto ininfluenti. Come se l'unica cosa che avresti davvero voglia di fare fosse saltare su un treno merci e girare senza meta per il mondo.

mercoledì 16 gennaio 2013

Vin de Kav

Alla faccia delle polemiche, dei blog furbetti, dei commenti isterici e di quelli in mala fede, io mi sono stappato un Chiroumbles 2010 di Karim Vionnet (vin de Kav, appunto), uno dei discepoli di Chauvet, Lapierre e Thevenet in quel di Morgon, Beaujoulais. Etichetta stile pop art, no solforosa, solo uve gamay e niente altro per un vino che, come recita l'etichetta, è meglio conservare a temperatura inferiore ai 14° (Danny Baldin ringrazia).
Che dire? Che è esattamente come doveva essere. Come Joe Strummer che canta I fought the law insieme ai Clash, come James Dean che guida all'impazzata nella notte, come il maggio francese, come  il Grande Lebowsky e il suo spino nella vasca da bagno. Un pugno in faccia all'immutabile perbenismo piccoloborghese.
Bellissimo, anzi buonissimo. E sì, sa anche un pò di buccia di salame...


lunedì 14 gennaio 2013

In risposta a Michel Bettane

Grande clamore ha suscitato l'attacco ai vini naturali da parte del Gambero Rosso la scorsa settimana. Molto di quanto scritto in quelle pagine è già stato dal sottoscritto ampiamente trattato in "Non è il vino dell'enologo - Lessico di un vignaiolo che dissente". Mi piace però allegare qui la risposta del vignaiolo francese Denny Baldin, un misto di ironia, buonsenso ed intelligenza che mi rendono fiero del nostro movimento e dei miei colleghi vignaioli. Che la vigna sia con voi...


domenica 6 gennaio 2013

T come Terroir



Il mio terroir è una piccola striscia di terra rivolta a mezzogiono.
Là dove milioni di anni fa c’era il mare, oggi c’è una distesa di colline che si inseguono sinuose. Alle spalle c’è Cupramontana, di fronte Staffolo, in lontananza Cingoli, mentre netta si staglia la figura del monte San Vicino a segnalare la vicinanza degli Appennini.
La terra è un’argilla multiforme: zone di vera e propria creta bianca, dove domina il calcare, si alternano a lingue di arenaria giallastra e di marne azzurre, specie più in profondità. Su questo suolo, compatto e povero di sostanza organica, nascono vini potenti, strutturati e salati.  
Qui si è sempre fatto vino. La storia della viticoltura potrebbe essere una narrazione affascinante e parallela alla storia ufficiale del nostro paese. Dai romani al medioevo, passando attraverso la storia del monachesimo e dell’agricoltura di sussistenza, fino alla rivoluzione industriale ed al nostro tempo contemporaneo, ogni stagione ha avuto il suo vino, la sua organizzazione aziendale, i suoi metodi.
Il terroir non è un ideale ma un dato storico mutevole. E’ suolo e microclima; è vitigno e tecnica colturale; è fatto economico e culturale che segna l’identità locale in modo profondo. Il rischio è che diventi localismo becero e chiuso, quando la sua potenza sta invece nella ricchezza delle diversità, sorta di straordinario meticciato culturale.
Non ho mai capito perché in primavera solo in questa striscia di terra, che appartiene alla mia famiglia da circa ottanta anni, fiorisca un prato di tulipani rossi selvatici. Nelle vigne vicine no. A sinistra qualche fiore bianco, in mezzo alla terra lavorata in modo convenzionale. A destra principalmente fiori gialli, su un terreno a conduzione biologica come il mio. Non so se è da considerarsi fenomeno del terroir. Forse sì.
Certamente da sempre questo è stato considerato a Cupramontana un cru naturale. Si ritrova nei documenti storici e nelle narrazioni orali. Zona “da sole”, priva di ristagni di umidità. Con un’ottima ventilazione ed una buona altezza sul livello del mare a garantire escursioni notevoli fra il giorno e la notte.
Si vendemmia prima che altrove, in contrada San Michele. Ed i vini sanno di erbe aromatiche e scorze d’arancio.

Non è il vino dell'enologo - Lessico di un vignaiolo che dissente, Ed. DeriveApprodi