sabato 19 dicembre 2015

Della leggerezza perduta

Nel 2012, in Non è il vino dell'enologo, scrivevo: "Scopro che l'autentico vignaiolo è un equilibrista. Ama il rischio. Cammina sul crinale che separa la grandezza dalla perdizione. Sempre in bilico. Sospeso."
Al netto dell'iperbole letteraria, è proprio così.
Me ne rendo conto in questa fase di esaurimento fisico e psichico, in cui viene da chiedersi "per quanto tempo ancora?" e "Ne vale davvero la pena?"... Oppure alla fine è soltanto vino, soltanto un passatempo. E chissenefrega di tutta questa attenzione, questa etica, questo rigore, questa assolutezza. Che se ci devi rimettere in salute forse davvero allora qualcosa non torna in questa tensione irrequieta che fa parte di te e che vuoi sentire nei sorsi del tuo vino e nella terra che cammini.
Dov'è finita quella leggerezza che avevi un tempo?
Quell'ironia un po' nera e un po' no che ti faceva divertire?
Perché questo essere sempre in guerra, questo scontro quotidiano col mondo e con gli altri?
Che poi ti volti e non vedi tutto questo gran plotone di compagni a coprirti le spalle, a marciare con te verso le magnifiche sorti e progressive del vino naturale. Del vino-e-basta, in realtà.
Quindi una pausa.
Perché sono quasi sedici anni che si corre a perdifiato e oramai già tre o quattro le vite vissute, che potrebbe bastare e avanzare. Ma in realtà non basta mai, questo è il problema di fondo.
Staccare la spina, come si dice. Fare un gran respiro e abbandonare ogni connessione.
Al ritorno si vedrà cosa fare, se fare. Con chi fare.
Auguri di buone feste a tutti.


sabato 12 dicembre 2015

Han Solo e la domanda aggregata

Meglio bruciarsi in fretta che spegnersi lentamente.
Che a pensarci bene l’idolo degli anni novanta resterà famoso per una frase scritta da un idolo degli anni settanta.
Buffo no?
La verità è che quel flusso è scomparso e ora in giro ci son solo hipster fighetti con l’unica preoccupazione dell’ iPhone che Steve Jobs lui sì era un vero genio.
Ma la cosa incredibile non ci avevo mai fatto caso l’ho scoperta ora rileggendo certi miei appunti e pezzi di vecchi giornali che avevo tenuto da parte è che il 28 marzo  1994 Silvio Berlusconi si prende l’Italia con tutto quel che ne consegue a livello di immaginario politico e l’8 aprile viene trovato morto Kurt ed è una bella botta e il  primo maggio alle 14.17 alla curva del Tamburello Ayrton Senna se na va dritto l’auto ingovernabile per il piantone spezzato e si spezza l’ultimo grande eroe dell’automobilismo uno che andava sempre oltre il limite uno che per quanto fosse ricco bello e famoso ma banale mai lo era e sempre in cerca di assoluto.
In un mese insomma tre grandissimi casini.
Che c’hai vent’anni e pensi che cazzo sta succedendo al mio mondo?
E alla fine forse è già lì che inizio a entrare in banca in qualche modo.
Da una parte c’è il vuoto di una ragione che è solo moneta di un senso che è solo apparire e consumare e dall’altra c’è il vero c’è l’autentico c’è il pieno insomma.
A un certo punto è come Darth Vader che ti chiama al lato oscuro cazzo.
Tutto intorno a te va in pezzi viene privato del suo senso viene svuotato che un attimo prima ascolti Vitalogy e un attimo dopo c’è solo Britney Spears e allora pensi tanto vale far soldi tanto vale entrare in banca che a spararti in bocca con un fucile a pompa non ci saresti comunque mai riuscito non c’avevi i coglioni.
Se devi spegnerti lentamente almeno non agonizzando.
Ha un suo senso.
Specie se lo spieghi col contesto.
Che tanto non era colpa tua no? Il mondo tutto il mondo andava da un’altra parte.
E così ti ritrovi tra le braccia dell’Imperatore caro il mio Luke Skywalker dei Navigli.
L’apparato tecno-scientifico-finanziario.
Di cui sei fedele servitore quando schiacci l’enter del tuo PC sulla fighissima scrivania del tuo ufficio di private banker spostando un flusso di informazioni da computer a computer che significa vendere un titolo di credito e comprarne un altro senza nessun altro senso che non sia la soddisfazione economica il rendimento del portafoglio della tua clientela.
Questo è quanto.
L’Università in quegli anni sta già cambiando è già cambiata - Scienze Politiche Indirizzo Economico scelta per mantenere le scelte sospese ibernate.
Grandi casini non ce ne sono più a parte le solite occupazioni autunnali di prassi in una Milano sempre più leghistaberlusconiana dove il centro si svuota la finanza si allarga e con essa la moda e con essa una generale patina quasi una crema una lozione un po’ televisiva e un po’ borghesotta e un po’ slavatella a ricoprire tutto e tutti senza che niente e nessuno se ne accorga quasi.
Io attraverso quegli anni studiando un po’ - mai troppo - viaggiando quando ho i soldi per farlo osservando ciò che accade senza comprenderlo appieno suonando e ascoltando tonnellate di musica che col senno del poi andrebbe davvero considerata come l’ultima capace di cambiarti la vita ma non ne sono nemmeno del tutto sicuro.
Aspettando qualcosa.
Che poi arriva Maria.
Qualcuno anziché qualcosa.
E cambia tutto che l’amore è una tempesta quel tipo di amore almeno quel tipo di donna.
E il problema è proprio il senno del poi perché a rileggermi oggi cioé col senno del poi proprio non mi riconosco e le cose che ho fatto tutte quelle scelte del cazzo o non scelte piuttosto mi sembrano del tutto assurde.
E non so se ero un cazzone all’epoca oppure lo sono oggi mentre sto seduto alla mia scrivania a guardare grafici sullo schermo del computer con la panzetta che inizia a farsi strada qualche pelo grigio in giro ed una gran voglia di mollare tutto quanto.
Per far cosa poi.
Per essere chi piuttosto.
Che ormai mi sto spegnendo lentamente appunto.
E di indipendenza punk ce n’è pochina in giro.
A buon guardare non ce nemmeno più del banale buonsenso keynesiano.
L’Italia sta nel pantano e si blatera di crescita e riforme col cambio sopravvalutato i redditi e i consumi in calo e l’impossibilità di investimenti pubblici a causa dei vincoli europei.
Alla faccia della domanda aggregata.
Vent’anni gettati nella merda un paese intero preso per il culo.
Riforme.
Tagli.
Europa.
E noi coglioni a far girotondi a fare appelli a raccogliere firme a far manifestazioni pacifiste a fare liste civiche a dar soldi a Emergency a spostare a sinistra l’asse della coalizione quando invece bisognava forse solo spaccare proprio tutto quanto tanto peggio tanto meglio o al limite fare come Kurt.
Un colpo e ciao ciao a tutta ‘sta merda.
Invece seduto dove sono io adesso bisogna essere contenti se l’Italia affonda.
Che si aprono grandi opportunità di investimento con le borse volatili su e giù di brutto e gli spread che stanno sull’ottovolante niente di meglio per far soldi specie se hai il culo parato da una Grande Banca Tedesca no? La domanda aggregata è roba vecchia è economia reale non conta più un cazzo quel che conta oggi sono io siamo noi - le banche.
La flessibilità la competitività la credibilità.
Teoria dei giochi.
Fino a dove può spingersi Draghi? Fino a quanto è disposta la Germania a tirare il filo? Fino a quando reggerà la Francia? E quanto può trattare la Grecia?
Siamo noi e solo noi a deciderlo.
I mercati cazzo.
Ed io sono un pezzo del Mercato un piccolo ingranaggio della Morte Nera.
Pensare che adoravo Han Solo un dannato fricchettone altro che la Forza altro che gli Jedi altro che la spada laser.
Un eroe beat.
Uno vero.  

sabato 1 agosto 2015

Parola di Scienza

Da dove cominciare?
Forse da Milano. E da una domanda che faccio agli studenti di agraria presenti ad un incontro del 2014, poi finito nell'extra "Desistenza a Milano" del DVD di Resistenza Naturale di Nossiter.
Di fronte al continuo e re-iterato attacco alla biodinamica, al "naturale", al buonsenso agricolo da parte dei collaboratori di Attilio Scienza (Brancadoro e Failla) in nome della Scienza Agronomica, chiedo agli studenti presenti di sapere se abbiano frequentato o se sia previsto un esame di filosofia della scienza. 
Silenzio di tomba e nessun commento. 
Stessa cosa è successa recentemente alla facoltà di agraria di Ancona (sebbene l'incontro sia stato molto più stimolante e proficuo).
Ne ho dedotto ciò che in realtà è oramai evidente a tutti: la scienza non si discute. La scienza è la nuova Verità del mondo post-ideologico. La scienza - il suo metodo, i suoi risultati, le sue conseguenze, i suoi rappresentanti - devono essere al di fuori del giudizio, sia esso politico, etico o estetico. E tutto quello che si muove su un piano dialettico viene immediatamente bollato come esoterico, magico, religioso, metafisico e così via, poiché in questo modo si cancella la credibilità di qualsivoglia alternativa.

Sia ben chiaro: in giro è pieno di buffoni che nei campi più disparati, dalla medicina all'economia, dalle scienze naturali a quelle fisiche, si pongono saldamente al di fuori della scienza, chi davvero assecondando falsi miti, chi semplicemente cavalcando la moda del momento, chi per banali ragioni di tornaconto economico. 
Ovviamente non mi riferisco a costoro.
Mi riferisco, invece, a chi crede fermamente nella Scienza, nei suoi progressi, e nelle sue verità - con la "v" minuscola che contraddistingue le verità scientifiche, che sono appunto "relative".
Mi riferisco a chi reputa che il positivismo sia finito da un pezzo e che sia la scienza stessa ad aver sperimentato i suoi limiti. 
E mi riferisco, in particolare, al fatto che la filosofia della scienza, sebbene ignorata da chi fa ricerca (in ambito agrario in questo caso, ma temo che la situazione sia la medesima in altri ambiti scientifici), nel novecento ha chiaramente indicato alcune questioni ed alcune teorie che forse andrebbero più diffusamente conosciute, diffuse e dibattute, proprio per non cadere nel tranello del "Lo dice la Scienza" (che poi diventa più prosaicamente "sostiene Scienza, Attilio" - e tutti zitti).
Ecco, uno degli insegnamenti più chiari e netti ci racconta che la scienza - ed in particolare la tecno-scienza, cioè il dispositivo economico e sociale che ne applica i dettami, non è mai neutrale. Il novecento ce lo ha indicato perfettamente con la storia della ricerca sull'atomo, ma gli esempi sono infiniti.  
E allora bisogna dirlo chiaro e forte: quando Attilio Scienza afferma “Per i produttori di vino la produzione biologica e biodinamica è una via senza uscita” ponendo la questione, subito dopo, di vitigni resistenti ottenuti da modificazioni genomiche, sta parlando come scienziato-ricercatore ma non sta facendo un discorso "neutrale". Sta parlando come rappresentante di un ben evidente paradigma scientifico, quello dell'agricoltura produttivista, e dunque indirizza la ricerca, i suoi finanziamenti, e tutto il corollario che ruota intorno al mondo universitario ed accademico, verso una prospettiva che è quella "dominante", frutto cioé di relazioni economiche e di potere. Ma che di "oggettivamente scientifico" ha ben poco. 

Uso il termine paradigma nel senso descritto da Thomas Samuel Kuhn nel classico del 1962 "La struttura delle rivoluzioni scientifiche", testo assolutamente emblematico di ciò che la scienza sia divenuta nell'epoca del Capitalismo Industriale (perché qui nessuno vuole ri-processare Galileo). Ma non piacesse l'approccio epistemologico di Kuhn, anche da un punto di vista popperiano, cioé del principio di falsificabilità, l'uscita di Scienza fa acqua da tutte le parti: se l'intenzione più pura e profonda della ricerca accademica fosse infatti davvero quella di ridurre i trattamenti chimici non è possibile - proprio a livello scientifico - trascurare l'importanza delle esperienze biologiche e biodinamiche laddove hanno dimostrato la possibilità, con questi vitigni e anche in condizioni di annate drammatiche come la 2014, di fare una agricoltura pulita.
Il bio-distretto di Panzano in Chianti nato con la consulenza di Ruggero Mazzilli è un esempio emblematico con il 90% del territorio gestito come minimo in regime biologico; così come le esperienze di ricerca accademica in biodinamica, come quelle di Adriano Zago o Fabio Primavera.
Si tratta di falsificazioni importanti della teoria per cui i nostri vitigni sarebbero arrivati al capolinea.

Peraltro se il problema sono i trattamenti vicino alle abitazioni - come ad un certo punto si paventa - si fanno 2 autogol: primo, perché gli scienziati hanno sempre sostenuto che i trattamenti "non fanno male alla salute umana" (e invece ad esempio nella zona del Prosecco si è notato un aumento dell'incidenza dei tumori); secondo, perché se c'è un vigneto già impiantato a ridosso delle abitazioni forse il compito della scienza dovrebbe essere quello di agire subito per salvaguardare la salute, convertendo al bio quel vigneto, anziché attendere anni di sperimentazioni per poi arrivare all'espianto ed al re-impianto con vitigni resistenti: nel frattempo quanto veleno hanno respirato i bambini di quelle abitazioni? Sarebbe interessante una risposta della scienza. O anche di Scienza. 

Che poi si possa andare oltre, magari tornando alla riproduzione da seme, e dunque alla creazione di nuove varietà e a una selezione di varietà più idonee, per esempio ai cambiamenti climatici, questo credo che nessuno lo voglia impedire. Anzi. Chi ha letto il classico "Fra cielo e terra" di Joly sa che verso la fine del libro proprio il viticoltore biodinamico per eccellenza prefigura "un ritorno al seme".
Ma con i tempi della natura (centinaia di anni), che non sono i tempi della scienza. O di Scienza, Attilio.  Anche perché, comunque la si pensi sugli OGM, la realtà più vera e profonda delle ricerche genetiche in agricoltura è solo una: brevettare nuove varietà consente di fare un sacco di soldi, e se davvero il Mercato vuole vini più puliti, allora le entrate che che mancheranno all'agrobusiness alla voce pesticidi, erbicidi, ecc. dovranno arrivare da qualche altra parte. No? 

Poi, se non siete ancora convinti, fate come me, fate una cosa che mai avreste pensato di fare: leggete l'ultima enciclica del Papa.

PS "Parola di scienza" è un libro edito da DeriveApprodi. L'autore è Antonello Ciccozzi, ovvero l'antropologo che scrisse la perizia sulla cui base vennero condannati in primo grado - ed assolti nel secondo - gli scienziati del Comitato Grandi Rischi rei di aver fornito false rassicurazioni agli abitanti de L'Aquila prima del fatale terremoto. Un bel libro. Che fa piazza pulita delle tante fesserie lette, all'epoca della condanna, sul "processo alla scienza". C'entra niente con Scienza, Attilio. Ma forse anche un po' sì.    
     

giovedì 4 giugno 2015

Podemos, Syriza ed una certa eredità della Storia


Grazie ad Emanuele Tartuferi - che mi ha girato il link - sono entrato in rotta di collisione con questo video che non posso che condividere e consigliare a tutti, soprattutto per ciò che concerne la seconda metà (ma guardatelo tutto!)
Come sempre sono in disaccordo con almeno il 50% delle cose che dice Negri, nonostante la fascinazione che le sue idee, le sue tesi e certi suoi libri abbiano avuto su di me sin dall'epoca dell'università. Ma questo video è importante non tanto per Negri quanto per il dialogo con Pablo Iglesias, leader di Podemos: per il tono, per il livello del discorso che resta divulgativo ma scava, per una leggerezza puntuta che indaga nel profondo, per la qualità delle domande (e delle risposte) su temi che in "casa nostra" vengono declinati se va bene alla grillina e se va male non voglio neanche pensarci...
L'Europa, una certa idea di marxismo, il rapporto fra leader e movimenti e fra movimenti ed istituzioni, la crisi degli stati nazionali ed il neoliberismo, il cadavere puzzolente del PCI, l'autonomia e la rappresentanza. Insomma i nodi dell'oggi nel loro strozzarsi verso il futuro.
E quell'asse Tsipras-Iglesias che in autunno potrebbe rafforzarsi ulteriormente.
  

mercoledì 13 maggio 2015

TerroirMarche, fra sogno e realtà.


Il primo maggio 2015 il nostro Consorzio TerroirMarche ha compiuto 2 anni. 
Nato quasi per caso in un lungo viaggio comunitario a Montpellier, quello che sembrava un piccolo sogno è diventato una bella realtà: un luogo di aggregazione di vignaioli bio che condividono idee e pratiche per difendere e valorizzare il proprio "terroir". Banale a dirsi, impresa titanica a farsi - in una regione come la nostra dove fra campanili vecchi e nuovi, politica e politici vecchi e nuovi, consorterie e maneggi vecchi e nuovi, vere e proprie sperimentazioni "dal basso" è difficile farle crescere, specie nel mondo dell'agricoltura.
Per questo sarà importante esserci ad Ascoli i prossimi 16 e 17 maggio a Palazzo dei Capitani per quella che sarà la nostra Fiera - non fiera. 
Non sarà infatti la solita fiera del vino più o meno naturale.
Sarà una cosa nuova e diversa perché per la prima volta sono i vignaioli stessi, senza l'intermediazione di associazioni o proloco o amministrazioni o distributori o organizzatori di eventi, a rischiare del loro ed a impegnarsi in prima persona per questo evento.
Sarà una cosa nuova e diversa perché accanto ai classici banchi di assaggio ci saranno 5 importanti laboratori dove si proveranno a capire i perché e i percome dei nostri vini: troppo spesso nella comunicazione si danno per scontate questioni che in realtà non lo sono, come l'identità, l'autenticità, il reale peso specifico dei vini di un determinato territorio. 
E tutto finisce in un calderone indistinto.
Noi pensiamo che ci sia ancora molto da capire sui vini e sui terroirs marchigiani.
Infine sarà una cosa nuova e diversa perché si parlerà non solo di vino ma anche di tutela e difesa del paesaggio, di alimentazione bio, di una visione che non è solo quella di una generica "agricoltura di qualità" in stile Expo ma che riguarda più profondamente la discussione sul nostro modello di sviluppo, cioé sul nostro futuro.
#Siateci.

martedì 28 aprile 2015

Il vino naturale e la musica alternativa

Oggi alla radio hanno passato Sunday bloody sunday.
Era tipo anni che non l'ascoltavo. Perlomeno che non la ascoltavo bene, guidando, in auto, su una strada tutta curve come sanno esserlo solo alcune strade perse nei crinali delle colline marchigiane.
E così, ascoltando quella batteria scatolosa, quella voce da ventenne incazzato col mondo, quella chitarra sbilenca e dal suono gracchiante, mi è venuto da pensare che mentre nel vino c'è stata e c'è tuttora una profonda riflessione sui modi della coltivazione e della vinificazione - cioé sul come si produce - questa riflessione è molto mancata nel mondo della musica rock indipendente e alternativa degli ultimi anni.
Sono uscite un sacco di cose belle, un sacco di cose innovative, si sono ascoltate tante parole sull'indie, sull'alternative, sempre in opposizione ad un misterioso mondo mainstream... Eppure una seria e approfondita riflessione estetica su cosa sia registrare - quindi produrre più che distribuire - un disco "autentico" oggi, negli anni dieci del duemila, io non l'ho letta o ascoltata.
I dischi, anche quelli "indie", anche quelli alternativi, suonano tutti "impostati", "costruiti", "indirizzati", quasi ci fosse un gusto omologato che in qualche modo domina l'approccio estetico del musicista genericamente rock del terzo millennio.
Forse son solo io.
Forse è un'impressione sbagliata.
Eppure mi pare di percepire tante pose, tanti atteggiamenti, tante costruzioni che mi fan pensare più agli enologi dell'industria del vino che ai vignaioli naturali della Loira (tanto per fare un esempio).
Insomma. La Sunday bloody sunday ascoltata oggi mi è parsa di una sconvolgente modernità.

martedì 24 febbraio 2015

Un po' di geologia (parte seconda)

Una delle poche idee in fatto di zonazione dei Castelli di Jesi è quella venuta affermandosi negli ultimi anni di una differenza fra riva destra e riva sinistra del fiume Esino.
Accattivante dal punto di vista mediatico, con i suoi rimandi "bordolesi", in realtà questa suddivisione risulta piuttosto contraddittoria dal punto di vista del risultato nel bicchiere e sembra restare - in assenza di ulteriori ricerche e comparazioni - solamente una suggestione.
Da un punto di vista strettamente geologico la differenza maggiore appare invece quella fra nord-est e sud-ovest della denominazione lungo una ideale linea di demarcazione che corre parallela al mare passando dalle estremità più nord-orientali dei comuni di Staffolo e San Paolo di Jesi, passando per Pianello Vallesina e Moie, giunge ai settori più nord-orientali di Montecarotto e Serra dè Conti: a destra di tale linea immaginaria le colline sono mediamente più basse e risalgono al Pleistocene (quaternario) e al Pliocene superiore  con una maggiore omogeneità di terroir.
A sinistra di tale linea le pendenze si fanno decisamente più ripide, sia a destra che a sinistra dell'Esino, le colline sono di formazione più antica (Pliocene inferiore con affioramenti del Miocene) e la geologia si fa molto più complessa e variegata.
Tutto ciò potrebbe aprire le porte di uno studio approfondito e scientifico sulle correlazioni fra suoli e vini, sempre tenendo presente della rilevanza delle esposizioni e delle altitudini che nei Castelli di Jesi vedono una variabilità molto importante.

I processi di trasgressione e regressione marina, le dinamiche di sedimentazione, intorbidimento e deriva, i movimenti sismici e tettonici lungo milioni di anni hanno "modellato" le colline, un tempo fondali dell'adriatico, secondo complessi fenomeni che oggi possono essere riscontrati sia nella stratificazione verticale che nelle discontinuità orizzontali lette nelle mappe geologiche a disposizione.
Dal punto di vista di un vignaiolo, ignorante in materia di geologia, alcune generalità possono però essere riscontrate:

1) Le storiche "rivali" del Verdicchio Montecarotto e Cupramontana condividono in vaste porzioni del loro territorio la Litofacies arenitico-conglomeratica di Montecarotto (FAAb): essa è costituita da corpi conglomeratici passanti lateralmente a corpi arenitico-conglomeratici e sabbiosi, di forma lenticolare e giacitura concordante... I singoli corpi ciottolosi si presentano, il più delle volte, con una base erosiva e si sviluppano con spessori variabili da alcuni decimetri a qualche metro e con estensioni laterali assai variabili... Localmente sono presenti intercalazioni arenitico-sabbiose e pelitiche dello spessore di qualche decimetro. Il grado di organizzazione all'interno dei singoli corpi è piuttosto variabile, come risulta dall’analisi di strati successivi o di singoli intervalli.
Si tratta fondamentalmente di pietra arenaria che si può anche vedere spesso affiorare in grosse conformazion lungo le strade (es. contrada Romita verso il convento dei Frati Neri).  

2) Una grande parte del terroir di Cupramontana vede la presenza diffusa del Membro delle arenarie di Borello (FAA2), più antica rispetto alla precedente (pliocene inferiore) e caratterizzata da una alternanza di strati arenitici (arenaria) e pelitici (argille). Gli strati arenitici sono generalmente compatti, hanno uno spessore variabile da qualche decimetro ad alcuni metri, granulometria di norma medio-fine e colore grigio-giallastro; lo spessore degli intervalli pelitici è solitamente inferiore rispetto a quello degli strati arenitici, il loro colore è grigiastro e l'aspetto scagliettato.
Molto spesso questa formazione giallastra che si incide abbastanza facilmente viene in zona erroneamente chiamata "tufo": in realtà il tufo vero e proprio è di origine vulcanica e non c'entra nulla con le arenarie.

3) Già nella carta geologica 1 a 100.000 e poi ancora meglio nelle carte 1 a 50.000 e 1 a 10.000 è possibile vedere una evidente difformità nella zona fra Cupramontana-Staffolo dove a dominare sono invece sedimentazioni più antiche, in particolare lo Schlier (SCH) e la Formazione Gessoso-solfiera (GES) risalenti a periodi precedenti al Pliocene, ovvero all'epoca del Miocene e della crisi di salinità del Mediterraneo. Ma più in generale sia la parte che da Cupramontana va verso Apiro (Cerretine, Colognola, La Croce, Palombara e poi la parte media del torrente Esinante intorno alla Abbazia di S. urbano) che la Valle del torrente Cesola fra Cupramontana e Staffolo (contrade di Manciano, Carpaneto, Colonnara, San Michele, Spescia, Follonica, Salmagina, ecc.) risultano geologicamente molto più complesse.


File:Marl vs clay & lime.PNG

In particolare ciò che muta è la dose di CaCO3 presente nel suolo, cioé del carbonato di calcio: da questa dose dipende la classificazione in argille e/o marne e l'effetto sulla dinamica gustativa finale dei vini.
Che questo possa essere alla base di una qualche differenza nei vini di queste zone di Cupramontana, Staffolo e Apiro?   



   

domenica 25 gennaio 2015

Un po' di geologia (parte prima)

Della geologia dei Castelli di Jesi si sa tanto o poco, a seconda dei punti di vista.
Si sa tanto nel senso che abbiamo la fortuna di avere molte ricerche sia storiche che tecniche sull'argomento e di avere (fra le poche regioni in Italia) una mappatura vicina al 100% del territorio regionale non solo in scala 1 a 50.000 (carta geologica d'Italia) ma anche in scala 1 a 10.000, quindi con una eccezionale precisione.
Si sa poco nel senso che raramente si è colta l'occasione per applicare questa enorme ricchezza di informazioni al settore vitivinicolo. Si parla in generale di colline argillose, di sedimenti marini risalenti al Pliocene, di presenza calcarea legata alla dorsale appenninica.
Nel disciplinare del vino Verdicchio dei Castelli di Jesi grande attenzione è data al vitigno e alle sue note fruttate mentre il riferimento al suolo è semplicemente questo:
"Le aree collinari, ove si sviluppa la denominazione, confluenti nel bacino del fiume Esino 
presentano un alto contenuto in argille, alta percentuale di carbonato di calcio, scarsa permeabilità, 
erodibilità, diversa frazione pelitica e calcarenitica"
Un po' poco - credo - per un vino che vuole essere il più importante bianco italiano.
Di geologia io sono un totale ignorante ma negli ultimi tempi mi sono intrippato a tal punto da leggere un sacco di studi e provare a decodificare le carte geologiche soprattutto di Cupramontana.
Da ignorante ho scoperto un sacco di cose, prima fra tutte che è vero che l'area dei Castelli dei Jesi è piuttosto omogenea dal punto di vista geologico, nel senso che la formazione dei suoli risale evidentemente all'emersione rispetto al mare Adriatico, ma è anche vero che tale emersione non è stata "pacifica" ma piena di progressioni e regressioni, oltretutto in ambiente sismico. Tutto ciò ha fatto sì che le sedimentazioni siano più complesse di quel che comunemente noi ignoranti crediamo e che non sappiamo minimamente i possibili effetti di tale complessità su una viticoltura realmente di "terroir".
Il primo grande evento che può considerarsi rilevante ai fini di una geologia del terroir marchigiano è la cosiddetta "cridi di salinità" ed avviene nel Miocene superiore (Messiniano, circa sette milioni di anni da noi): la pressione della zolla africana contro quella eurasiatica conduce alla chiusura dello stretto di Gibilterra, il Mediterraneo resta isolato dall’Atlantico e ne consegue il disseccamento. La prova del prosciugamento e dei conseguenti fenomeni chimico-deposizionali del bacino del Mediterraneo è data dai forti spessori di gessi ed evaporiti riscontrabili in Appennino.
Nel Pliocene la reingressione delle acque dall’Atlantico è molto rapida a scala geologica, e riporta sedimenti abissali sul fondo dei bacini. In questo periodo, cioè fra 5 e 2,5 milioni di anni fa, l'Adriatico occupa interamente tutta la zona collinare dei Castelli di Jesi. 


Nel quaternario invece si ha la massima espansione dell'Adriatico con il Po e i suoi affluenti che arrivano sino ad Ancona. La causa sono le glaciazioni che videro un notevole ritiro di tutti i mari e un evidente allargamento delle terre emerse. 
Il passaggio fra il Pliocene e il Pleistocene (prima era del quaternario) risulta quella più rilevante per il terroir jesino: è a questa fase di ritiro definitivo dell'Adriatico che si deve la sedimentazione più importante, la Formazione delle Argille Azzurre (simbolo geologico FAA) che si ritrova su gran parte dell'Appennino dal Piemonte all'Emilia Romagna alla Toscana e che "domina" le zone più importanti e vocate a destra e a sinistra dell'Esino.
Ciò che è importante sottolineare è la complessità geologica di questa formazione: le Argille Azzurre compaiono in numerosi fogli della Carta Geologica d'Italia (a scala 1:50.000), e molti sono i membri e le litofacies (caratteristiche fisico-chimiche) in esse riconosciute. In passato, alcuni di questi membri e litofacies, corrispondenti a corpi più o meno sabbiosi o marnosi che si intercalano alle argille e che raggiungono talora spessori fino al centinaio di metri, sono stati elevati al rango formazionale.
A Cupramontana questa formazione è prevalente tanto che uno dei sinonimi riscontrati in letteratura è anche "formazione di Macerata-Cupramontana" e presenta differenze rispetto alla stesse sedimentazioni di altri Castelli di Jesi.
Nel prossimo post cercherò di scendere più nello specifico, provando a inserire in questa storia geologica qualche riferimento al vino. Per ora vanno tenute a mente i gessi, le argille e i corpi più o meno sabbiosi o marnosi.