domenica 25 gennaio 2015

Un po' di geologia (parte prima)

Della geologia dei Castelli di Jesi si sa tanto o poco, a seconda dei punti di vista.
Si sa tanto nel senso che abbiamo la fortuna di avere molte ricerche sia storiche che tecniche sull'argomento e di avere (fra le poche regioni in Italia) una mappatura vicina al 100% del territorio regionale non solo in scala 1 a 50.000 (carta geologica d'Italia) ma anche in scala 1 a 10.000, quindi con una eccezionale precisione.
Si sa poco nel senso che raramente si è colta l'occasione per applicare questa enorme ricchezza di informazioni al settore vitivinicolo. Si parla in generale di colline argillose, di sedimenti marini risalenti al Pliocene, di presenza calcarea legata alla dorsale appenninica.
Nel disciplinare del vino Verdicchio dei Castelli di Jesi grande attenzione è data al vitigno e alle sue note fruttate mentre il riferimento al suolo è semplicemente questo:
"Le aree collinari, ove si sviluppa la denominazione, confluenti nel bacino del fiume Esino 
presentano un alto contenuto in argille, alta percentuale di carbonato di calcio, scarsa permeabilità, 
erodibilità, diversa frazione pelitica e calcarenitica"
Un po' poco - credo - per un vino che vuole essere il più importante bianco italiano.
Di geologia io sono un totale ignorante ma negli ultimi tempi mi sono intrippato a tal punto da leggere un sacco di studi e provare a decodificare le carte geologiche soprattutto di Cupramontana.
Da ignorante ho scoperto un sacco di cose, prima fra tutte che è vero che l'area dei Castelli dei Jesi è piuttosto omogenea dal punto di vista geologico, nel senso che la formazione dei suoli risale evidentemente all'emersione rispetto al mare Adriatico, ma è anche vero che tale emersione non è stata "pacifica" ma piena di progressioni e regressioni, oltretutto in ambiente sismico. Tutto ciò ha fatto sì che le sedimentazioni siano più complesse di quel che comunemente noi ignoranti crediamo e che non sappiamo minimamente i possibili effetti di tale complessità su una viticoltura realmente di "terroir".
Il primo grande evento che può considerarsi rilevante ai fini di una geologia del terroir marchigiano è la cosiddetta "cridi di salinità" ed avviene nel Miocene superiore (Messiniano, circa sette milioni di anni da noi): la pressione della zolla africana contro quella eurasiatica conduce alla chiusura dello stretto di Gibilterra, il Mediterraneo resta isolato dall’Atlantico e ne consegue il disseccamento. La prova del prosciugamento e dei conseguenti fenomeni chimico-deposizionali del bacino del Mediterraneo è data dai forti spessori di gessi ed evaporiti riscontrabili in Appennino.
Nel Pliocene la reingressione delle acque dall’Atlantico è molto rapida a scala geologica, e riporta sedimenti abissali sul fondo dei bacini. In questo periodo, cioè fra 5 e 2,5 milioni di anni fa, l'Adriatico occupa interamente tutta la zona collinare dei Castelli di Jesi. 


Nel quaternario invece si ha la massima espansione dell'Adriatico con il Po e i suoi affluenti che arrivano sino ad Ancona. La causa sono le glaciazioni che videro un notevole ritiro di tutti i mari e un evidente allargamento delle terre emerse. 
Il passaggio fra il Pliocene e il Pleistocene (prima era del quaternario) risulta quella più rilevante per il terroir jesino: è a questa fase di ritiro definitivo dell'Adriatico che si deve la sedimentazione più importante, la Formazione delle Argille Azzurre (simbolo geologico FAA) che si ritrova su gran parte dell'Appennino dal Piemonte all'Emilia Romagna alla Toscana e che "domina" le zone più importanti e vocate a destra e a sinistra dell'Esino.
Ciò che è importante sottolineare è la complessità geologica di questa formazione: le Argille Azzurre compaiono in numerosi fogli della Carta Geologica d'Italia (a scala 1:50.000), e molti sono i membri e le litofacies (caratteristiche fisico-chimiche) in esse riconosciute. In passato, alcuni di questi membri e litofacies, corrispondenti a corpi più o meno sabbiosi o marnosi che si intercalano alle argille e che raggiungono talora spessori fino al centinaio di metri, sono stati elevati al rango formazionale.
A Cupramontana questa formazione è prevalente tanto che uno dei sinonimi riscontrati in letteratura è anche "formazione di Macerata-Cupramontana" e presenta differenze rispetto alla stesse sedimentazioni di altri Castelli di Jesi.
Nel prossimo post cercherò di scendere più nello specifico, provando a inserire in questa storia geologica qualche riferimento al vino. Per ora vanno tenute a mente i gessi, le argille e i corpi più o meno sabbiosi o marnosi.    

1 commento:

Francieeeeeeeeeeesco ha detto...

Ma nel disciplinare si parla di NOTE FURBATE ( E FURBI) o di note fruttate? Visti i personaggi più la prima.
PS Bevuto il Terre Silvate 2013 e mi aggiungo al coro di chi dice che sia uno dei migliori in Italia della sua categoria, Gli eremi li trovo un po' statici , magari è un impressione mia.
Saluti